Lasciare tutto per vivere un’esistenza alternativa. Fondare città, villaggi o comunità dove poter sperimentare modi di vita diversi: a stretto contatto con la natura, con una maggiore sensibilità verso la spiritualità o ancora condividendo spazi e ideali. Le chiamano città utopiche (utopia: luoghi che non esistono) e si trovano in diverse parti del mondo. Auroville, in India, è stata creata nel 1968 e conta 2'300 abitanti. Nell’Appennino pistoiese esiste "Il popolo degli elfi" che conta 150 persone che si nutrono di frutti ed erbe selvatiche e allevano alcuni capi di bestiame. Oppure, ancora, The Farm, comunità hippie fondata nel 1971 sui principi della non violenza e del rispetto della terra.
Scatti da mondi utopici
Il fotografo italiano Carlo Bevilacqua ha dedicato quattro anni per visitare queste numerose comunità, immortalando con il suo obiettivo la loro quotidianità. Un lavoro che si è trasformato nel libro: Utopia, dreaming the impossible. "L’utopia - ci spiega - è da intendersi come una direzione più che come una destinazione, un orizzonte che si continua a spostare".
Le sue fotografie raccontano mondi lontani, che resistono alla globalizzazione, alle mode e al consumismo. Resistono. In questi luoghi, uomini e donne, afferma Bevilacqua, sognano ciò che tutti desiderano, ma che non osano fare. Mondi paralleli, piccole enclave dove tutto sembra essere possibile.
Alessandra Spataro
Spunti, altre comunità utopiche: Ithaca (USA), Twin Oaks Community (USA), Eliphante (USA), Arcosanti (USA); Freedom Cove (Canada), Mandarom (Francia)