Scrollando i post sui social, è facile imbattersi in svariati prodotti da acquistare. Offerte allettanti di negozi online che spesso, però, si rivelano essere delle truffe. È per esempio il caso della Steiner Mode Zürich, una presunta boutique di Zurigo, che di recente si presentava su Facebook con interessanti offerte per capi d’abbigliamento.
Allettanti offerte che compaiono sui social: ci si può fidare?
Ecco allora che sul sito (sui cui è anche visibile una foto dei proprietari, o presunti tali, dell’attività) si acquista una giacca da poco meno di 65 franchi. Si paga con Twint... ma poi alla fine si resta a mani vuote, rendendosi conto di essere stati truffati.
I presunti proprietari del negozio online
Sempre su Facebook compaiono quindi una serie di nuove pubblicità di altri store online dello stesso genere. Tutti uguali, tutti pieni di foto create con l’intelligenza artificiale. Per sembrare più svizzeri, le bandierine rossocrociate sono ovunque. Tutti vendono più o meno gli stessi articoli. Questi siti però di svizzero non hanno nulla: se si ha fortuna, la merce arriva dalla Cina e spesso non è quella ordinata. Ma in tanti casi, come quello della Steiner Mode, la merce non arriva mai.
E i soldi dove finiscono? Nel caso della Steiner Mode, di cui la RSI ha raccolto una testimonianza diretta, è emerso che il pagamento effettuato con Twint, e che sembrava destinato a un’attività in Svizzera, è invece finito a una società nei Paesi Bassi (con un link che rimanda a Oslo, in Norvegia). E nel frattempo lo store online è pure scomparso dalla rete.
I soldi non sono finiti a Zurigo, bensì nei Paesi Bassi
Lo zampino dell’intelligenza artificiale
Sono molte le persone, soprattutto nella Svizzera tedesca, che in tempi recenti sono rimaste vittima di truffe di questo genere. Lo ha confermato alla RSI il portavoce di un’assicurazione, dove in parecchi si sono fatti avanti sostenendo di aver perso soldi in acquisti online.
E il fenomeno è ben noto alle autorità. Tra queste si conta per esempio la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) che, interpellata da SEIDISERA, afferma di essere “a conoscenza di queste pratiche”. E sottolinea che “la Confederazione, da noi rappresentata, ha la possibilità di intentare azioni civili o penali in Svizzera contro persone o imprese che violano la legge contro la concorrenza sleale”.
La SECO ricorda dunque che “nonostante testo e immagini suggeriscano il contrario, non si tratta di negozi online con un effettivo legame con la Svizzera: i prodotti offerti sono generalmente fabbricati in Cina, spediti dalla Cina e in caso di restituzione devono essere rispediti in Cina”. Sui siti in questione vengono inoltre fornite informazioni errate e viene creata consapevolmente confusione con negozi di moda tradizionale svizzeri. “È poi del tutto ipotizzabile che l’uso dell’intelligenza artificiale possa portare a nuovi o maggiori casi di concorrenza sleale e di pratiche ingannevoli”.
I campanelli d’allarme
A livello nazionale non è in corso un’inchiesta centralizzata contro il fenomeno, come ha fatto sapere il Ministero pubblico della Confederazione, sollecitato dalla RSI. Dalla polizia cantonale ticinese giunge invece una serie di consigli su come evitare di restare vittima di “fake shop”, finti negozi: i campanelli d’allarme sono prezzi troppo convenienti o strani (per esempio 18 franchi e 42 centesimi), oppure l’assenza di dati sulla società, come l’indirizzo e i contatti. Anche la presenza di errori grammaticali o l’assenza di recensioni dovrebbero sollevare dei dubbi.
E se si è un po’ più esperti, con pochi clic su appositi siti si può risalire a diversi dati relativi al dominio web (in sostanza: l’indirizzo internet) del negozio online: se risulta che il dominio è stato comprato di recente, “fate attenzione!”
“Meta non ci protegge”
Tutta la questione è partita da una pubblicità comparsa sul Facebook, quindi su una piattaforma Meta. Qual è il ruolo dei social? “Sotto questo aspetto, Meta è un disastro, non fornisce alcuna garanzia” afferma a SEIDISERA Ivan Campari della Borsa della Spesa, la rivista dei consumatori della Svizzera italiana: “Chiunque può creare dei post sponsorizzati. Loro dicono che ci sono dei controlli, ma in realtà sono dei controlli automatizzati. Non ci sono delle persone che esaminano veramente i post, ma è tutto fatto con l’intelligenza artificiale”. Chiunque può quindi creare, sulle piattaforme Meta, delle promozioni sponsorizzate.
L’esperto sottolinea quindi che “come consumatrici e come consumatori non possiamo sperare che sia Meta a proteggerci, perché non lo fa”. È dunque necessaria una certa diffidenza nei confronti delle pubblicità sui social media, che “sono molto lontane dal poter essere prese per oro colato: dietro ci può essere chiunque” conclude Campari.
Quando facciamo shopping online?
Millevoci 17.02.2025, 10:05
Contenuto audio