ESA, CSA, NASA, JAXA... ogni agenzia spaziale ha la propria comunicazione visiva: essa consente di imprimere il proprio “marchio” sulle foto o sulle immagini generate al computer che vengono diffuse. Esistono persino segreti ben custoditi a livello di colorazione, che permettono a queste istituzioni di essere immediatamente riconoscibili.
L’obiettivo è soprattutto quello di ottenere il sostegno del pubblico attorno ai grandi programmi di esplorazione spaziale: “Ci sono interi team all’interno delle agenzie spaziali dedicati a questo lavoro. Questi team sono piuttosto numerosi, con grafici e squadre di comunicazione. Ci sono anche aspetti come l’impaginazione, i testi, gli elementi tecnici che spesso vengono referenziati, ecc.”, spiega Olivier Berné, astrofisico del CNRS, con sede a Tolosa, dove lavora allo sviluppo del telescopio spaziale James Webb.
“Queste missioni spaziali sono molto costose: hanno anche l’obiettivo di affermare una potenza. E ciò passa anche attraverso questa comunicazione. Dietro c’è anche l’idea di affermare un certo potere”, precisa al microfono della RTS.
Le immagini dallo spazio come comunicazione politica (Tout un monde, RTS, 14.07.2025)
Simboli di supremazia
Lo scopo è di consolidare il potere degli Stati che finanziano questi programmi, così come l’ideologia che veicolano. Questo è stato particolarmente evidente durante la Guerra Fredda: i progressi aerospaziali venivano utilizzati come simboli della supremazia dei regimi politici ed economici da entrambe le parti della Cortina di ferro.
Questo continua ancora oggi, con in più organismi statali come l’Agenzia spaziale europea o quella americana. Inoltre, sono arrivati nuovi attori privati che, a loro volta, trasmettono i propri valori e il proprio marchio attraverso le immagini. È il caso di Jeff Bezos ed Elon Musk, soprannominati i “baroni dello spazio”; entrambi hanno costruito un proprio universo visivo, con messe in scena spettacolari e immagini curate nei minimi dettagli. Un marchio di fabbrica che si riflette nei loro programmi. Il loro primo obiettivo è ovviamente quello di ritagliarsi un posto tra le grandi potenze spaziali, ma anche nella scena politica.
Questi nuovi concorrenti nella corsa alla conquista dello spazio possiedono una vera e propria strategia: “La loro comunicazione e la giustificazione dei loro progetti si basano in gran parte sul fascino emotivo di queste immagini”, osserva Joël Vacheron, docente di studi culturali alla Scuola cantonale d’arte di Losanna, che ha appena pubblicato uno studio sul tema.
“Ho iniziato questa ricerca diversi anni fa; il clima politico americano non era ancora quello attuale. Ma si poteva già notare, soprattutto nelle dichiarazioni di Elon Musk, questa volontà di avvicinarsi alla politica e di produrre, in particolare attraverso le visioni incastonate nelle immagini realizzate da SpaceX, una visione del futuro che non può essere separata dalla realtà politica contemporanea”, analizza.
Promuovere i valori del liberalismo
I video dei lanci di SpaceX diffusi pubblicamente hanno, ad esempio, probabilmente permesso al multimiliardario di preparare il terreno per un suo ingresso alla Casa Bianca.
Diffondendo in massa i suoi successi — e persino i fallimenti — delle varie missioni sul suo social network X, Musk promuove chiaramente i valori del liberalismo: “È il risultato di un’operazione puramente politica di privatizzazione dell’industria spaziale, che passa anche attraverso una svalutazione delle agenzie spaziali”, osserva Olivier Berné.
“Alla fine, agenzie come la NASA sono strutture pubbliche che consumano molte risorse, sono molto opache, nonostante utilizzino denaro pubblico. Questo è il discorso che Musk e il DOGE hanno portato all’estremo, nei tagli a tutte le agenzie federali statunitensi”.
Una certa visione del progresso
Ripercorrendo la storia delle immagini spaziali, è evidente che fin dai suoi inizi essa è stata politicizzata, manipolata ed estetizzata per presentare una certa visione del progresso o della modernità.
Un buon esempio è la prima fotografia della Terra interamente visibile dallo spazio, scattata durante la missione Apollo 17, l’ultima del programma lunare, lanciata il 7 dicembre 1972. Chiamata “The Blue Marble”, questa immagine pubblicata dalla NASA è diventata iconica: “È un’immagine che rappresenta un simbolo estremamente potente, utilizzata per scopi molto diversi, tanto per parlare di coscienza ecologica quanto per evocare la globalizzazione economica”, osserva Joël Vacheron.

“The Blue Marble”
E aggiunge: “È anche un’immagine che, fondamentalmente, si inserisce in una certa idea di vedere la Terra dallo spazio. C’è un dettaglio piuttosto interessante: in origine, questa immagine non era centrata sul continente africano, visibile come siamo abituati a vederlo sui mappamondi” [la fotografia originale è stata scattata con il Polo Sud rivolto verso l’alto, n.d.r.].
Per l’autore, questa manipolazione è significativa: “Si è cercato fin da subito di rivederla secondo criteri culturali. In questo caso, la questione è chiaramente molto politica, fin dal momento in cui si mettono in discussione i discorsi associati alla diffusione di queste immagini”.
Col passare del tempo, le immagini sono diventate sempre più curate, con rappresentazioni che trasformano il pianeta blu in un oggetto prezioso, quasi un’opera d’arte.
Un’estetizzazione che rischia quasi di far dimenticare le crisi che esplodono sulla superficie del globo e la fragilità della nostra Terra, quel piccolo punto blu pallido perso nell’immensità dell’Universo.
Cereali spaziali
Alphaville 14.07.2025, 11:30
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