La Svizzera è ancora neutrale? Ogni mese, circa 14’000 persone pongono questa domanda, o una simile, su Google, al di fuori della Svizzera e in inglese.
Durante alcuni test, Google mostra tra i primi risultati un articolo in inglese dei media statali turchi dal titolo: “Perché la Svizzera abbandona la sua neutralità dopo 500 anni”. Il contenuto dell’articolo è in realtà più sfumato, ma il titolo imposta un quadro fuorviante e condiziona l’interpretazione. E il titolo viene letto da molte più persone rispetto al resto dell’articolo.
Informazioni false dai canali di propaganda russi
I motivi per cui le persone all’estero chiedono a Google della neutralità svizzera possono essere diversi. Uno di questi è che attori stranieri, in particolare canali di propaganda russa, diffondono false informazioni sulla neutralità svizzera.
È importante che chi si prende la briga di informarsi attivamente sulla neutralità della Svizzera trovino informazioni affidabili e corrette. Perché chi afferma che la Svizzera non è più neutrale, la trasforma in una parte in causa. E chi prende parte, può essere visto come un nemico.
È quindi nell’interesse della Svizzera che la sua neutralità, principio guida della politica estera dal 1815, venga comunicata correttamente al pubblico internazionale.
Se si sente dire cento volte che la Svizzera non è più neutrale, si finirà per percepirla come la visione dominante. Anche se magari quelle cento affermazioni provengono tutte dalla stessa fonte, ma mi arrivano attraverso canali diversi. Inoltre, è dimostrato che le falsità ripetute spesso hanno un effetto reale.

Stesso video, storie diverse: in rete tutto può essere strumentalizzato
“La Svizzera sembra una zona di guerra”: un video da Berna
Questa primavera, milioni di persone hanno visto un video di circa 30 secondi girato a Berna. Mostra gas lacrimogeni e persone in fuga. Si tratta di scene riprese durante una manifestazione pro-palestinese. Il video è stato condiviso da decine di account su piattaforme come X/Twitter, accompagnato da messaggi che, in alcuni casi più, in altri meno, ne hanno distorto il contesto: “La Svizzera al momento sembra una zona di guerra”, si leggeva in un post che ha raggiunto milioni di utenti. Un account anonimo ha persino affermato che i manifestanti volevano assaltare la sinagoga e linciare ebrei.
I fatti sono questi: c’è stata una manifestazione pro-palestinese a Berna, che è degenerata. La polizia ha mantenuto il controllo della situazione. Il copresidente della Comunità ebraica di Berna ha ringraziato le forze dell’ordine per il rapido intervento. La Comunità ebraica di Berna e la Federazione svizzera delle comunità israelite hanno espresso preoccupazione, poiché il corteo è passato vicino alla sinagoga. I manifestanti, secondo quanto riferito a 20 Minuten, volevano dirigersi verso l’ambasciata statunitense, situata nelle vicinanze. La polizia ha dichiarato allo stesso giornale che “non si poteva escludere” l’intenzione di alcuni partecipanti di dirigersi “verso la sinagoga e le ambasciate”.
I testi fuorvianti con cui il video è stato diffuso variano molto nella loro distorsione dei fatti. Un utente britannico con grande seguito ha sostenuto, ad esempio, che il presunto “assalto alla sinagoga” fosse parte di un “piano dei globalisti per distruggere l’Occidente dall’interno”, un riferimento a una nota teoria del complotto con sottotesto antisemita.
Quel giorno, l’ambasciata statunitense a Berna ha consigliato ai propri cittadini di informarsi tramite fonti affidabili, in particolare il servizio in inglese di Swissinfo. Tuttavia, video virali come questo continuano ad avere un impatto, e il giornalismo serio non riesce sempre a contrastare ogni notizia falsa.
In generale, è considerato fondamentale per la democrazia formare la popolazione alla competenza mediatica. Solo così ciascuno può imparare a riconoscere e mettere in discussione le tecniche di manipolazione.
La Svizzera come Paese insicuro
I post con il video della manifestazione a Berna hanno preso un evento reale, ne hanno alterato il contesto e hanno contribuito a creare insicurezza e polarizzazione. Come effetto collaterale, hanno mostrato la Svizzera come un Paese instabile e pericoloso, dove la polizia ha perso il controllo.
L’idea che la Svizzera sia un paese insicuro domina anche sui social media cinesi. Su piattaforme come Xiaohongshu e Douyin, la Svizzera viene spesso descritta come un Paese razzista e criminale. Numerosi utenti cinesi raccontano online di essere stati derubati o rapinati in Svizzera. Il controllo di sicurezza per gli studenti cinesi viene esagerato nel dibattito cinese, presentato come un “divieto per gli studenti cinesi”. Un articolo del Blick, in cui uno studente cinese racconta di insulti razzisti ricevuti durante la ricerca di un alloggio, è stato tradotto e ha raggiunto un vasto pubblico.
Anche nello spazio mediatico cinese si diffonde la narrazione secondo cui la Svizzera avrebbe abbandonato la sua neutralità. Secondo alcuni post, in caso di un’invasione cinese di Taiwan, la Svizzera congelerebbe tutti i conti bancari dei cittadini cinesi, perché, si sostiene in un post molto popolare, gli Stati Uniti ricatterebbero le banche svizzere tramite il sistema SWIFT. Politicamente, la Svizzera avrebbe rinunciato alla sua neutralità e sarebbe vulnerabile a pressioni esterne.
Questi discorsi non hanno un autore comune chiaramente identificabile. Tuttavia, emergono in un ambiente mediatico censurato e dipingono un’immagine anticinese della società e dell’economia svizzera.
Immagini distorte delle banche svizzere
I giornalisti arabofoni di Swissinfo sentono spesso lo stesso tipo di reazione da parte dei lettori ogni volta che il sito pubblica articoli sulle attività delle banche svizzere. È evidente che questo tema tocca un punto dolente, alimentato anche da numerosi video che circolano sui social. In essi si sostiene, erroneamente, che in Svizzera sia ancora possibile aprire un conto senza dover rivelare la propria identità: un sistema che permetterebbe a dittatori e membri delle élite arabe di nascondere i propri capitali, grazie a un numero anonimo.
Anche intorno al tema della migrazione, nello spazio arabo circolano false affermazioni. Di recente, ad esempio, su TikTok è diventato virale un video in lingua araba che sosteneva che la Svizzera avrebbe espulso tutti migranti entro il giugno 2025.
Queste false informazioni non costituiscono un rischio diretto per la sicurezza. Tuttavia, invece di offrire un quadro realistico e sfaccettato, contribuiscono a creare un’immagine distorta della Svizzera.
La questione centrale è la neutralità
Anche nello spazio mediatico arabo circolano informazioni fuorvianti sulla neutralità della Svizzera. “La Svizzera è davvero neutrale sulla questione palestinese?”, si chiedeva Al Jazeera alla fine del 2024 in un’ampia analisi. L’articolo ricostruisce inizialmente, in ordine cronologico, come la Confederazione si sia posizionata in maniera equilibrata nel conflitto mediorientale. In seguito, il testo indica che, dopo il 7 ottobre 2023, questa neutralità è venuta meno. A sostegno di questa tesi viene citato, tra l’altro, il fatto che la Svizzera ha riconosciuto Hamas come un’organizzazione terroristica. La “nuova posizione filoisraeliana” viene spiegata con il crescente peso della destra elvetica.
La Svizzera è ancora neutrale o vi ha rinunciato? È probabilmente questa la domanda decisiva per la sicurezza del Paese a livello internazionale. A differenza del canale statale qatariota Al Jazeera, dove un giornalista con nome e cognome fornisce un’interpretazione personale sulla neutralità elvetica, i media di Stato russi come RT Deutsch (ex Russia Today) diffondono disinformazione in forma anonima.

Un messaggio chiaro: la propaganda russa si occupa volentieri della neutralità svizzera
La Svizzera nella propaganda russa
Alla fine del 2024, RT sosteneva in un servizio audio che il Paese si stesse avvicinando alla NATO “senza informare la popolazione”. Il contributo lasciava intendere che una rinuncia alla neutralità avrebbe potuto “trascinare la Svizzera nei conflitti geopolitici dell’Occidente”. Non è la prima volta che RT diffonde informazioni false sulla Svizzera. In passato aveva sostenuto che la Confederazione avesse abbandonato la sua neutralità, citando per esempio l’ex consigliera federale ed ex presidente della Confederazione Viola Amherd, presentata come “sostenitrice della NATO”. La contraddittorietà di questa narrazione rivela l’intento dei suoi autori: non fornire informazioni coerenti, ma diffondere un’immagine negativa della Svizzera.
Dall’inizio del 2024, RT ha moltiplicato i contenuti dedicati alla Svizzera. Nella versione in tedesco, il sito ha collocato in alto sulla homepage un logo con la bandiera rossocrociata e la scritta “Schweiz”, forse con l’intento di legittimare la propria offerta informativa. Infatti, sebbene la piattaforma resti accessibile online in Germania, l’Unione Europea ne ha vietato la diffusione dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
Non tutti i servizi di RT sulla Svizzera contengono falsità, e non tutti affrontano temi prettamente politici. L’emittente ha pubblicato, per esempio, una sorta di “ode a Sascha Ruefer”, il giornalista della SRF che commenta le partite di calcio della nazionale elvetica. Ma anche in questo caso, rivolgendosi a un pubblico lontano dalla politica, il messaggio finisce per alimentare risentimenti. Lo stesso è avvenuto in un altro servizio, che sosteneva che il principale gruppo mediatico privato svizzero fosse in rovina e che diffondesse propaganda filoucraina: un contributo audio che ha raggiunto milioni di ascoltatori e ascoltatrici.
Spesso si sostiene che RT abbia una scarsa diffusione. In realtà, i suoi contenuti hanno comunque un pubblico, come hanno dimostrato diversi studi. Ciò avviene tramite i cosiddetti “media alternativi”, che citano RT come fonte o ne pubblicano direttamente gli articoli. Anche il settimanale Die Weltwoche ha ripreso contributi di RT. In questo modo si crea un vero e proprio ecosistema mediatico parallelo.
Rischio di disinformazione nelle lingue straniere
È poco realistico che questo ecosistema mediatico diventi dominante nelle lingue nazionali svizzere. È molto più probabile che informazioni false su temi specifici, in altre lingue, possano prendere il sopravvento.
Le 14’000 ricerche mensili su Google in inglese riguardanti la neutralità svizzera provengono da persone che cercano di farsi autonomamente un’opinione. Per ora, queste persone trovano risposte corrette e accurate.
Tra i primi risultati di ricerca compaiono Wikipedia, Swissinfo e il sito del Dipartimento federale degli affari esteri. Le informazioni fornite dal ministero sono indubbiamente corrette, ma provengono pur sempre da una fonte governativa ufficiale. Per un pubblico scettico ciò può confermare l’immagine di una Svizzera che si autodefinisce neutrale.
Il testo in lingua inglese di Wikipedia sulla neutralità svizzera è accompagnato da un avviso: l’articolo presenta “diversi problemi”.
Su Swissinfo si può invece leggere un articolo che illustra in maniera oggettiva la neutralità, la sua storia e le sue diverse forme, spiegando tra l’altro l’importante distinzione tra diritto della neutralità e politica della neutralità.
SEDISERA del 03.09.25, l’ospite Manlio Graziano
RSI Info 03.09.2025, 22:41
Contenuto audio