La Cina nel secondo trimestre ha registrato una cresciuta del prodotto interno lordo (PIL) su base annua dello 0,4%. È il dato più basso dalla flessione del 6,8% ad inizio pandemia nel 2020. A frenare la corsa della seconda economia mondiale, le rigidissime restrizioni sanitarie adottate tra aprile e maggio nonché la crisi del settore immobiliare.
Il dato, diffuso dall'Ufficio nazionale di statistica, ha stupito gli analisti che si attendevano un aumento più consistente e che, secondo gli economisti, mette in serio dubbio le possibilità del Paese di raggiungere l'obiettivo ufficiale di crescita per il 2022 fissato "intorno al 5,5%", come annunciato dal premier Li Keqiang a marzo. Sarebbe uno smacco anche per il presidente Xi Jinping che in autunno dovrebbe essere eletto dal congresso del Partito comunista a un inedito terzo mandato alla segreteria generale.
"A livello nazionale, l'impatto della pandemia è stato persistente" ed "è in aumento anche il rischio di stagflazione nell'economia a livello globale e le incertezze esterne stanno crescendo", ha affermato il portavoce dell'Ufficio nazionale di statistica Fu Linghui durante una conferenza stampa.
Li Keqiang, secondo una nota diffusa giovedì dal Governo, ad un evento tenutosi a inizio settimana ha anticipato che le misure di sostegno all'economia hanno dato risultati "abbastanza velocemente" e il declino ha rallentato a maggio, prima di consentire all'economia di "stabilizzarsi e di riprendersi a giugno". La ripresa, tuttavia, "non si è ancora del tutto consolidata" e permangono "molte incertezze".
I dati trimestrali sono arrivati sulla scia delle crescenti sfide nel settore immobiliare cinese, un tempo fonte di un terzo del PIL, ma ora una minaccia alla tenuta economica e finanziaria, tra la debolezza delle vendite (-0,5% i prezzi a giugno) e un numero crescente di acquirenti di case che si rifiuta anche di pagare i mutui per i timori che le loro proprietà non siano costruite in tempo o mai realizzate. I colossi del settore, in crisi di liquidità, sono sempre a un passo dal default dopo la stretta sui finanziamenti decisa dalla leadership comunista dal 2020 per frenare le speculazioni e l'alto indebitamento.