I numeri pubblicati martedì dall’UNCTAD, la Conferenza dell’ONU per il commercio e lo sviluppo, gettano un nuovo sguardo sulle conseguenze di due anni di attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza, che vanno al di là del bilancio di oltre 60’000 morti. Il Prodotto interno lordo è crollato dell’83% rispetto al 2023. Si tratta della “crisi economica più grave” mai osservata, ha dichiarato martedì l’Organizzazione delle Nazioni Unite a Ginevra. Per l’insieme dei territori palestinesi, è tornato ai livelli del 2010.
Nella Striscia di Gaza, il PIL pro capite è sceso a causa della guerra a 161 dollari (circa 130 franchi), uno dei più bassi al mondo, secondo il rapporto dell’UNCTAD. Rappresenta ormai solo il 4,6% di quello della Cisgiordania, mentre trent’anni fa i due territori erano allo stesso livello e malgrado la Cisgiordania stessa sia stata pesantemente colpita negli ultimi due anni (-17%, -18,8% nel calcolo pro capite).
Le infrastrutture sono state distrutte e la popolazione è stata sfollata. Le interruzioni nel sistema educativo e nei servizi avranno effetti a lungo termine, stima l’agenzia delle Nazioni Unite. Il territorio dipende quasi interamente dall’assistenza internazionale ma, anche con un aiuto significativo, potrebbero volerci decenni per tornare alla situazione precedente all’ottobre 2023. L’accesso a cibo, acqua e cure è estremamente limitato, rendendo difficile la ripresa economica. L’invio degli aiuti “non può aspettare”, insiste ancora l’agenzia.
L’ONU punta il dito anche contro la trattenuta delle entrate fiscali da parte dello Stato ebraico destinate all’Autorità nazionale palestinese. In sei anni, sono stati confiscati quasi 1,8 miliardi di dollari, pari a circa il 13% del PIL dell’anno scorso e quasi al 45% delle entrate nette. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, la comunità internazionale deve garantire un sostegno finanziario duraturo, mentre il costo per la ricostruzione della Striscia di Gaza è stimato in oltre 70 miliardi di dollari.

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