Negli Stati Uniti c’è un tema che accende in queste settimane il dibattito politico ed è quello sulla sanità. A causa della scadenza a fine anno dei sussidi federali di cassa malati, dodici milioni di americani rischiano di perdere la copertura sanitaria. I tagli imposti dall’amministrazione Trump – si parla di 1’000 miliardi di dollari su dieci anni – toccano in particolare le aree rurali del Paese, con centinaia di piccoli ospedali che sono in imminente pericolo di chiusura.
In Arkansas, roccaforte conservatrice nel sud degli Stati Uniti, milioni di cittadini rischiano di pagare a caro prezzo questi tagli alla sanità. Lo Stato già oggi figura agli ultimi posti per quanto riguarda l’accesso alle cure sanitarie. Per fare un esempio concreto, la mortalità materna è paragonabile a quella della Striscia di Gaza.
La RSI ne ha parlato con Kimberly MacPherson, docente di politiche sanitarie all’Università di Berkeley, in California.
Qual è stato e quale sarà l’impatto dei tagli voluti dall’amministrazione Trump sull’insieme del sistema sanitario statunitense?
“Si tratta di un radicale cambiamento di mentalità su quale deve essere il ruolo del governo, una svolta che non si applica ovviamente soltanto alla sanità, ma anche all’intervento dello Stato in altri ambiti, come l’educazione, il clima e così via. Ma il desiderio di ridurre l’impronta federale appare molto forte soprattutto nell’ambito della sanità, quindi sia nelle agenzie che gestiscono e regolano il funzionamento del sistema, così come nella riduzione dei fondi federali. Gli Stati Uniti hanno un sistema misto di sponsorizzazione sanitaria che è in parte pubblica e in parte privata. Pertanto il governo è uno dei principali finanziatori del sistema sanitario. E questo attraverso il programma federale per gli anziani, Medicare, e quello per i redditi più bassi, Medicaid. È un sistema misto, ma il governo gioca un ruolo fondamentale nel finanziamento della sanità. Quindi quando il governo centrale taglia la spesa, ciò ha un effetto a catena sull’intero sistema e tutti devono adattarsi in fretta”.
Già oggi le fasce più vulnerabili della popolazione sono penalizzate nell’accesso alle cure sanitarie. Cosa succederà adesso con tagli nell’ordine di mille miliardi di dollari?
“La maggior parte di questi tagli interessano Medicaid, che è un programma combinato federale statale per i cittadini a basso reddito. Ed è lì che i tagli si faranno sentire di più. Si tratta di circa 800 miliardi di dollari, e questo avrà un impatto enorme sulla capacità degli americani, in particolare degli americani più poveri, di accedere all’assistenza sanitaria. Quando nel 2010, ai tempi della presidenza Obama, è stato approvato l’Affordable Care Act, si trattava di espandere la copertura in modo da potersi avvicinare alla copertura universale. Non di raggiungerla, ma di avvicinarsi. Prima dell’Obamacare erano ben 47 milioni gli americani senza un’assicurazione sanitaria. Negli ultimi 15 anni quel numero si è ridotto parecchio, ma il timore adesso è quello di vedere azzerati molti dei progressi fatti”.
A essere colpite dai tagli sono le aree rurali più povere del Paese, in particolare nel sud degli Stati Uniti. Qui quali scenari si possono prevedere?
“Nell’America rurale l’accesso alla sanità era già precario anche prima della firma della nuova legge da parte di Trump. Negli ultimi 15 anni abbiamo perso quasi 200 ospedali che operavano in comunità rurali. E in molti casi quelli rimasti aperti hanno dovuto interrompere certi servizi. Si stima che in tutto il Paese un terzo delle contee non offrono servizi di maternità. Pertanto già oggi i residenti di queste aree rurali devono compiere tragitti di un’ora e anche di più per ricevere determinate cure. Inoltre, sono proprio le zone rurali a dipendere in maniera preponderante dagli aiuti del programma Medicaid. Qui l’impatto dei tagli sarà più doloroso che altrove. Gli ospedali che non si trovano nelle aree urbane rischiano di perdere 70-80 miliardi di dollari di contributi federali nel breve periodo. Per molti di questi ospedali si prospetta la chiusura o comunque un periodo di grande difficoltà”.
L’anno prossimo ci saranno le elezioni di metà mandato con in gioco la maggioranza al Congresso. Per Trump e per i repubblicani i tagli alla sanità non rischiano di rivelarsi un clamoroso autogol?
“In effetti molte di queste comunità rurali votano solidamente per il partito repubblicano e ora devono fare i conti non soltanto con i tagli alla sanità, ma anche con l’inflazione, con i raid anti-immigrati e con la guerra dei dazi. Sarà molto interessante vedere come reagiranno a tutto questo al momento di votare. Abbiamo già osservato in autunno, in occasione di alcune elezioni speciali, che i candidati democratici hanno vinto oppure sono arrivati molto vicini e questo anche in circoscrizioni dove in genere i democratici non hanno alcuna chance. A fare la differenza sono i problemi quotidiani che le famiglie discutono a tavola, e che questa amministrazione aveva promesso di affrontare. Fin qui senza successo. Il carrello della spesa costa ancora troppo, gli affitti sono sempre cari e a tutto questo ora si aggiunge l’aumento dei premi di cassa malati. Il costo della sanità sarà uno dei principali grattacapi per molti americani. A fine anno poi scadranno i sussidi di cassa malati e i sondaggi indicano che l’opinione pubblica ritiene i repubblicani responsabili della situazione. Quindi penso che il partito del presidente sia in difficoltà sul tema del costo della vita. Non ho la sfera di cristallo, ma penso che le prossime elezioni saranno davvero intriganti”.







