Paul Biya ha 92 anni ed è al potere da 43, ma è ancora lui il favorito delle elezioni presidenziali che si tengono questa domenica in Camerun. Ha di fronte 11 candidati, tra i quali l’ex ministro Issa Tchiroma Bakary e anche una donna, la terza di sempre a correre per la carica. L’elezione si tiene su un unico turno e quindi basta la maggioranza semplice, il che favorisce Biya che può contare sulla frammentazione dell’opposizione e, se rieletto, potrebbe restare in carica fino ai 99 anni. I seggi per 8 milioni di cittadini hanno aperto alle 8 del mattino e si chiudono alle 17, ma per i risultati ci vorrà del tempo: nel 2018 l’attesa durò 15 giorni. Il Consiglio costituzionale ha formalmente tempo fino al 26 ottobre per dare l’annuncio.
La campagna è stata più animata che in passato nel Paese africano, dove il 40% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e dove la maggioranza ha meno di 20 anni e non ha mai conosciuto altro presidente che Biya. Quest’ultimo, che nelle ultime occasioni ha sempre vinto con oltre il 70% dei suffragi, è rimasto come d’abitudine molto discreto, mentre i suoi rivali hanno moltiplicato i comizi. Nei giorni scorsi è apparso in pubblico per la prima volta da maggio, visibilmente in forma, in un comizio nello strategico Stato di Maroua.

Issa Tchiroma Bakary
È lì che il 76enne Tchiroma Bakary, originario di quell’area, pare in grado di minacciarlo, se si guarda al contrasto fra le folle che lo hanno accolto e il pubblico molto più scarso andato ad ascoltare Biya. Il principale oppositore, Maurice Kamto, arrivato secondo nel 2018, ha visto invece la sua candidatura respinta dal Consiglio costituzionale. ONG come Human Rights Watch hanno così espresso dubbi sulla credibilità del processo elettorale. Sono presenti 55’000 osservatori interni e internazionali, in particolare dell’Unione Africana.
Molti giovani si sono procurati per la prima volta la tessera per votare, “un segnale di cambiamento” secondo il politologo Stéphane Akoa, ma non sufficiente per portare la Generazione Z nelle strade, come in Tunisia e in Madagascar in questi giorni.
Oltre all’elevata disoccupazione, fino al 35% nelle città, al rincaro, alla carenza di acqua potabile, alla mancanza di cure sanitarie e di educazione di qualità, il Camerun è confrontato a un conflitto con ribelli separatisti nelle regioni anglofone del nord-ovest e del sud-ovest, dove l’astensione sette anni fa era stata particolarmente elevata. C’è poi la ribellione islamica di Boko Haram che sconfina dalla vicina Nigeria.