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Colloqui tra Mosca e Kiev, ecco su cosa si negozia a Istanbul

La cornice per delineare un accordo può essere riassunta nella formula “pace in cambio di territori”; una battaglia diplomatica in cui nessuno vuole uscire sconfitto, nemmeno in apparenza

  • Oggi, 05:41
  • Un'ora fa
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Militari ucraina fotografati a inizio novembre nella regione di Donetsk, nel Donbass

  • Keystone
Di: Stefano Grazioli 

I colloqui a Istanbul tra Mosca e Kiev rappresentano uno spartiacque dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina e oltre tre anni di guerra: possono essere decisivi per l’avvio del processo di pacificazione oppure incagliarsi su scogli insormontabili, lasciando che il conflitto prosegua come fatto sino ad adesso. Già tra marzo e aprile del 2022 il tentativo di fermare la guerra, allora nella sua fase iniziale, era andato a rotoli proprio in Turchia, dove nonostante la mediazione del presidente Recep Tayyp Erdogan le delegazioni russe e ucraine non erano riuscite a trovare un compromesso; ora, dopo quasi tre mesi, in cui il ruolo di mediatore principale è stato assunto dal presidente statunitense Donald Trump, i negoziati diretti costituiscono l’occasione per l’apertura di un vero dialogo che consenta di risolvere il conflitto in maniera duratura. Dai colloqui di Istanbul del 2022 a quelli attuali molto è cambiato e la fotografia odierna dell’Ucraina mostra l’occupazione di circa il 20% del territorio da parte della Russia che, oltre la Crimea e parte delle regioni di Lugansk e Donetsk, conquistate già con la prima guerra avviata nel 2014, controlla anche frazioni importanti di quelle di Zaporizha e Kherson.

Il nuovo status quo

L’andamento del conflitto, altalenante almeno sino alla fallita controffensiva ucraina all’inizio del 2023 e poi cristallizzatosi nel mantenimento dell’iniziativa da parte della Russia, ha influenzato progressivamente le posizioni di Mosca e Kiev che arrivano al nuovo approccio negoziale con prospettive diverse, ma che non possono non essere determinate appunto da quello che è lo status quo. Da una parte la Russia, dopo il fallito Blitzkrieg su Kiev, ha messo in conto una guerra di logoramento che l’ha portata ad avanzare lentamente su tutta la linea del fronte e nonostante l’incursione ucraina nella regione di Kursk nel 2024, ha sostanzialmente progredito ovunque; dall’altra parte l’Ucraina ha dovuto subire l’aggressività russa, condizionata in parte anche dall’insufficienza degli aiuti occidentali, sempre inferiori alle richieste, e soprattutto ha dovuto mutare il proprio approccio politico in maniera consistente.

La prima Formula di pace presentata dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky nell’autunno del 2022, che prevedeva colloqui di pace solo dopo il respingimento delle forze russe fuori dal Donbass e dalla Crimea, cioè dopo la sconfitta della Russia, è stata di fatto abbandonata nel 2023; anche il successivo Piano della Vittoria, avanzato nel 2024, si è smaterializzato ancora prima di essere preso in considerazione dagli alleati occidentali ed è stato semplicemente bypassato con l’arrivo alla Casa Bianca di Trump. L’inizio del 2025 ha segnato lo spostamento degli USA dal ruolo di principale alleato a fianco di Kiev a quello di arbitro, mentre il fronte europeo si è a sua volta diviso, facendo emergere la cosiddetta Coalizione di volenterosi, trainata da Gran Bretagna, Francia e Germania, che ha promesso comunque sostegno all’Ucraina. Sia Washington che le cancellerie europee paiono aver comunque abbandonato la narrazione, dominante in Occidente tra la fine del 2022 e il 2023, della fine della guerra da ottenere sul campo con la sconfitta militare della Russia.

La battaglia della diplomazia

Da parte sua il presidente russo Vladimir Putin, che ha proposto sì le trattative dirette tra Mosca e Kiev, ma partendo dalla posizione di forza data dal campo, sembra poco incline a voler recedere dalle richieste fondamentali: come quella dell’Ucraina fuori dalla NATO e dal riconoscimento delle regioni attualmente occupate dalla Russia. In questi tre messi di colloqui incrociati a vari livelli, tra Russia, Ucraina e Stati Uniti, i temi di fondo sono stati sicuramente toccati e il quadro dentro il quale gli attori si muovono è comunque delineato: fondamentali sono però i dettagli che dovranno essere definiti nei vari dossier, riguardanti punti concreti, dai confini alle garanzie militari e politiche e all’intera architettura di sicurezza europea e internazionale postbellica.

Gli spazi di manovra minori sono probabilmente concessi a Zelensky che, nonostante l’appoggio europeo, sembra rimanere incastrato tra i due fronti, quello russo e quello statunitense, almeno fino a che Trump continuerà a premere anche su Kiev per il raggiungimento di un compromesso rapido anche se con alti costi per l’Ucraina. La cornice nella quale si cercherà di delineare un accordo può essere riassunta nella formula “pace in cambio di territori”, anche se saranno appunto i particolari a fare la differenza in una battaglia diplomatica in cui nessuno vuole uscire sconfitto, nemmeno in apparenza.

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Putin propone negoziati diretti con Kiev

Telegiornale 11.05.2025, 20:00

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