L’Unione europea mantiene i suoi obiettivi climatici, e cioè ridurre del 90% le emissioni di gas-serra entro il 2040, e questo rispetto ai livelli di riferimento del 1990. Per farlo però ha introdotto dei correttivi rispetto a quanto previsto in un primo tempo nel suo Patto per il clima, che mira a decarbonizzare completamente l’economia europea a partire dal 2050.
Presentati con diversi mesi di ritardo rispetto ad una prima tabella di marcia, i correttivi previsti presentano degli elementi di maggiore flessibilità rispetto alle norme finora varate, che avevano sollevato le reticenze di alcuni Stati membri, a cominciare dalla Germania del Cancelliere Merz. La novità principale sta nella possibilità data di compensare fino al 3% delle emissioni europee attraverso l’acquisto di crediti-carbone, per finanziare progetti climatici al di fuori dell’UE. Una soluzione definita “flessibile e pragmatica” dalla Commissione europea, che però ha sollevato la critica di diverse associazioni ambientaliste.
A loro dire questa tipo di misura ha uno scarso impatto sulle reali emissioni di CO2. Il 3% inoltre non è un dato di poco conto: rappresenta pur sempre le emissioni annue di Austria e Grecia, sommate l’una all’altra. A detta del fronte ecologista, in questo modo Bruxelles dimostra di non voler affrontare subito la transizione energetica, ma di volerla rinviare nel tempo.
Ora la Commissione dovrà convincere i ministri dell’ambiente dei Paesi membri, prima del voto definitivo del Parlamento europeo, e qui molto dipenderà dalle scelte del partito popolare, il gruppo più numeroso del legislativo UE. Ma anche da quanto la canicola da primato di questi giorni si farà sentire – pure a livello politico - fin dentro le istituzioni comunitarie.