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Darfur, l’Unione africana: “Crimini di guerra a El-Fasher”

L’esercito accusa i paramilitari di aver “giustiziato più di 2’000 civili” - L’analista Alan Boswell: “Le RSF continuano a lanciare droni per evitare che la vita possa tornare alla normalità”

  • Oggi, 18:50
  • 2 ore fa
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Tutto il Darfur controllato dai paramilitari

SEIDISERA 28.10.2025, 18:00

  • Planet Labs PBC/AP/Keystone
Di: SEIDISERA-Matteo Burkard/M. Ang./Reuters/AP/ATS 

L’Unione africana denuncia “atrocità” e “presunti crimini di guerra” nella città sudanese di El-Fasher, due giorni dopo l’annuncio della presa della città da parte dei paramilitari delle Forze di supporto rapido (RSF), che ora controllano l’intero Darfur. Le Forze congiunte, alleate dell’esercito del Sudan, hanno accusato i paramilitari di aver “giustiziato più di 2’000 civili disarmati” da domenica “la maggior parte dei quali donne, bambini e anziani”.

El-Fasher è l’ultima città del Darfur a cadere sotto il controllo delle RSF

Dopo un assedio durato 18 mesi, El-Fasher è stata l’ultima città della vasta regione occidentale del Darfur a cadere, domenica, sotto il controllo delle RSF, in guerra con l’esercito dall’aprile 2023. Dopo il ritiro dell’esercito dalla grande città, il Darfur è ora quasi completamente sotto il controllo delle RSF. Il ritiro dell’esercito dalla città ha lasciato oltre un quarto di milione di persone, metà delle quali bambini, sotto il controllo delle RSF.

L’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani: “atrocità a El-Fasher”

L’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha dichiarato lunedì in un comunicato che i combattenti dell’RSF avrebbero commesso atrocità a El-Fasher, tra cui “esecuzioni sommarie” di civili che cercavano di fuggire dai loro attacchi, “con indicazioni di motivazioni etniche per le uccisioni”. Volker Türk, Alto Commissario ONU per i diritti umani, ha affermato che “il rischio di ulteriori violazioni e atrocità su larga scala a sfondo etnico a El-Fasher aumenta di giorno in giorno”.

Un’altra divisione del Sudan?

La caduta di El-Fasher nelle mani delle RSF potrebbe preannunciare un’altra divisione del Sudan, a più di un decennio dalla creazione del Sud Sudan, che aveva ottenuto l’indipendenza nel 2011 per motivi etnici, religiosi ed economici.

L’appello del segretario generale ONU, Antonio Guterres

25:05

Sudan, dentro la guerra in Darfur

Falò 27.05.2025, 21:10

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha espresso lunedì grave preoccupazione per il peggioramento del conflitto in Sudan e ha chiesto che gli aiuti umanitari vengano consegnati in modo sicuro. Guterres ha dichiarato ai giornalisti che le interferenze esterne in Sudan stanno compromettendo le prospettive di pace.

L’oggetto del conflitto

Da aprile 2023 è in atto una sanguinosa lotta di potere tra il leader de facto Abdel Fattah al-Burhan e il suo ex vice Mohamed Hamdan Dagalo, che comanda le RSF. Il conflitto verte essenzialmente sul controllo dello Stato e delle risorse.

Dopo la caduta del dittatore Omar al-Bashir nel 2019, i generali avevano preso il potere insieme ma si sono poi scontrati sulla questione se le RSF, potenti dal punto di vista militare ed economico, dovessero essere integrate nell’esercito o continuare a esistere come forza indipendente. In seguito le RSF hanno formalmente istituito un governo parallelo sulle aree controllate .

I fattori etnici

Nella regione del Darfur, il conflitto attuale è influenzato da fattori etnici strettamente legati alle questioni dei diritti fondiari, della distribuzione delle risorse e dell’emarginazione politica. Si tratta soprattutto della competizione per la terra e l’acqua tra gruppi etnici arabi tradizionalmente nomadi e gruppi non arabi stanziali.

Cosa accadrà adesso e chi alimenta questa guerra fornendo le armi?

SEIDISERA della RSI ha intervistato sul conflitto in corso Alan Boswell, analista dell’ International Crisis Group per il Corno d’Africa. Nonostante la divisione del Sudan in due aree rivali, i paramilitari continuano a bombardare incessantemente anche le regioni orientali e in particolare Khartoum. Che cosa vogliono ottenere? “I paramilitari intendono intensificare ancora gli attacchi, con l’obiettivo di consolidare il loro controllo sulle regioni occidentali e di utilizzarle poi come base per assalire nuovamente l’esercito a Khartoum e nelle regioni orientali - spiega Alan Boswell -. La loro strategia principale è continuare a lanciare droni contro quelle aree per evitare che si stabilizzino e che la vita possa tornare alla normalità. Siamo ancora lontani quindi da qualsiasi forma di pace o di sicurezza per la popolazione coinvolta”.

La corsa agli armamenti e i droni

Proprio gli attacchi con droni a lungo raggio negli ultimi mesi sono stati devastanti e hanno ucciso centinaia di civili. “I droni sono un nuovo fattore destabilizzante, perché le tecnologie avanzano molto velocemente - dice Boswell. Sono stati proprio i droni, per esempio, ad aiutare l’esercito regolare a riconquistare la capitale Khartoum, a marzo. Entrambe le parti poi stanno cercando di ottenere sistemi anti-drone sempre più all’avanguardia. Assistiamo quindi ad una sorta di corsa agli armamenti. I droni permettono bombardamenti a migliaia di chilometri di distanza, anche oltre le linee del fronte, e questo sta trascinando il Sudan in una situazione sempre più catastrofica”.

Il ruolo degli Emirati Arabi Uniti e della Russia

I paramilitari hanno colpito Khartoum negli scorsi giorni. Chi fornisce i droni alle forze di supporto rapido? “A quanto sembra i paramilitari vengono riforniti quasi interamente dagli Emirati Arabi Uniti, anche se gli Emirati negano qualsiasi coinvolgimento. Da una parte gli Emirati sono interessati già da prima dello scoppio del conflitto all’oro proveniente dal Sudan ma dall’altra c’è anche una forte alleanza con le forze paramilitari del generale Dagalo. Dopo il 2014, decine di migliaia di soldati delle forze di supporto rapido hanno combattuto a fianco degli Emirati e dell’Arabia Saudita durante la guerra in Yemen contro gli Houthi”.

Ma il coinvolgimento esterno va ben oltre le alleanze tra singoli Stati e parti belligeranti. Ci sono prove, per esempio, che la Russia ha dato finanziamenti sia all’esercito sudanese sia alle milizie paramilitari. “La Wagner, cioè le milizie mercenarie legate al Cremlino, mantengono forti legami e probabili collaborazioni con le Forze di supporto rapido. Mosca però ha anche sostenuto l’esercito sudanese riconosciuto dalle Nazioni Unite e dalla Lega Araba. Mosca sta cercando da anni di costruire una base navale sul Mar Rosso, al largo della città di Port Sudan, in una zona cioè controllata dall’esercito regolare. Ma certo i suoi finanziamenti dipendono soprattutto dai suoi interessi ed è corretto affermare che la Russia sta sostenendo entrambe le parti”.

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Darfur: le parole di un analista

SEIDISERA 28.10.2025, 18:00

  • Keystone
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