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Gaza, la traumatologa: “Mai visto ferite simili”

Il 60% delle vittime nella Striscia ha meno di 15 anni, ci sono bambini piccoli che hanno perso arti e sono anche rimasti orfani

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Gaza, intervista a una traumatologa

Telegiornale 25.06.2025, 20:00

Di: Telegiornale / Emiliano Bos 

“È un disastro, è assolutamente catastrofico che un bambino di 3, 5 o 7 anni non solo sia disabile per le amputazioni e con pochissime possibilità di migliorare le sue condizioni in futuro… ma per di più assolutamente solo o orfano”.

Tiziana Roggio è una traumatologa italiana rientrata da pochi giorni da Gaza. Per tre settimane ha lavorato come volontaria al Nasser Hospital di Khan Younis, nel sud della Striscia. È il principale polo sanitario ma – spiega alla RSI in videochiamata da Londra, dove vive e lavora – è stato inserito nelle zone militari da Israele: “Significa che l’accesso è diventato estremamente difficoltoso sia per i pazienti che per il personale”. Sui 36 ospedali di Gaza, 19 sono stati parzialmente o in tutto distrutti dall’esercito di Israele. L’assistenza sanitaria è al collasso.

“Amputati e orfani, situazione catastrofica”

Gaza oggi ha la più alta percentuale al mondo di amputati, aggiunge la dottoressa Roggio: “Mi ricordo una bambina di 7 anni, che sto seguendo anche adesso, da lontano: ha entrambi gli arti amputati e le sue condizioni sono peggiorate a causa di un’infezione. Anche sua madre ha subito un’amputazione, e la sorella anche… potrei citare un’infinità di queste storie. E spesso i bambini amputati non hanno assistenza famigliare o sono orfani, te ne accorgi quando scrivi i loro nomi sul registro e ti accorgi che i genitori sono morti”.

Tiziana Roggio lavora da anni nel più grande centro traumatologico di Londra, ma le ferite e i traumi dei pazienti assistiti nella Striscia di Gaza non hanno paragoni: “Non avevo mai visto nulla di simile”. E soprattutto, il 60% delle vittime hanno meno di 15 anni.

“Feriti da arma da fuoco per la distribuzione di cibo”

All’inizio di giugno il medico italiano ha curato anche i feriti provenienti dai centri di distribuzione della controversa “Gaza Humanitarian Foundation”, l’organizzazione voluta da USA e Israele per distribuire aiuti umanitari nella Striscia soppiantando il sistema delle Nazioni Unite; una fondazione che tuttora anche una sede in Svizzera e sui cui – come ha appreso la RSI - sta indagando il Dipartimento Federale degli Affari Esteri per l’eventuale fornitura di servizi di sicurezza all’estero.

Secondo l’ONU, finora 410 palestinesi sono stati uccisi e 3’000 feriti durante la distribuzione dei pacchi di cibo della Gaza Humanitarian Foundation (proprio oggi Netanyahu cedendo alle pressioni dell’ultra-destra nazionalista, ha ordinato la sospensione degli aiuti con l’evidente conseguenza di aggravare il rischio di malnutrizione a Gaza).

“Sono arrivati moltissimi feriti da arma da fuoco dalle zone dove venivano distribuiti i pacchi, abbiamo estratto i proiettili”. Le analisi successive avrebbero confermato che erano stati colpiti da proiettili in dotazione all’esercito israeliano. Gli altri pazienti, di solito, sono i civili palestinesi colpiti dai bombardamenti israeliani frequenti anche sulle tende degli sfollati nelle aree definite “sicure” dallo stesso esercito dello Stato Ebraico.

“Un popolo che si stente dimenticato dal mondo”

Gli oltre due milioni di palestinesi della Striscia sono costretti a vivere in circa il 18-20% del territorio, in condizioni inimmaginabili e sottoposti a enormi privazioni di cibo, di acqua e di assistenza medica. Ad aggravare il tutto, i “clan” palestinesi armati in lotta per il controllo degli aiuti e di parte del territorio. Netanyahu di recente ha confermato che Israele sostiene e arma alcuni di questi clan in funzione “anti-Hamas”.

“I palestinesi a Gaza -dice ancora alla RSI la dottoressa Roggio. Sono un popolo che si sente dimenticato da tutti, dal mondo”. La famosa resilienza palestinese – aggiunge - che è la loro forza d’animo, che li porta tutti i giorni al lavoro nonostante siano stati costretti ad abbandonare la loro casa magari distrutta, nonostante abbiamo perso componenti delle loro famiglie, o siano stati spostati da una parte all’altra della Striscia di Gaza anche 15 o 20 volte…arrivano la mattina arrivano col sorriso, lavorano con dignità, in modo efficiente, col sorriso…Ma verso la fine della mia missione questa resilienza stava finendo. “Ci vedremo presto”, ho detto salutandoli. E loro rispondevano “Se ci saremo ancora”.

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Tiziana Roggio: “È un popolo che si sente dimenticato”

RSI Info 26.06.2025, 11:50

In oltre 20 mesi di guerra, sono stati uccisi oltre 56’000 palestinesi, secondo fonti del ministero della Sanità gestito da Hamas. Ma oltre alle ferite fisiche, c’è un senso di disperazione per una situazione di sistematica violazione dei diritti umani che non accenna a finire: “I colleghi che operano all’interno dell’ospedale mi dicevano: “Avrei preferito morire insieme a mio fratello, mia madre”… perché quella non è una condizione di vita degna non dico di un essere umano ma nemmeno di un essere vivente”

“Senso di colpa quando vai via dalla Striscia di Gaza”

Tiziana Roggio non lo dice nell’intervista, ma ha usato le ferie dal suo lavoro per lavorare tre settimane come volontaria all’ospedale di Khan Younis.

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Tiziana Roggio: “Mi sono sentita in colpa perché io potevo andarmene e loro no”

RSI Info 26.06.2025, 11:52

Al momento di lasciare la Striscia di Gaza e anche dopo – dice – resta addosso un senso di colpa: “Non c’è nessuno motivo per cui io abbia più diritto a non vivere quello che loro stanno vivendo, solo per il fatto che siamo nati in due posti diversi. Sembra retorica però è essenzialmente quello che ho vissuto. Parlo di tutto questo perché penso sia l’unica cosa che possiamo fare per loro”.

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