Il Papa atteso a L'Avana

Di Laura Daverio

Nel 1998 durante la storica visita di Papa Giovanni Paolo II a Cuba, c’era anche il vescovo di Buenos Aires Jorge Bergoglio, che 15 anni più tardi sarebbe diventato Papa Francesco. Scrisse il libro “Dialoghi tra Papa Giovanni II e Fidel Castro”, critico verso il Socialismo e la rivoluzione di Castro, ma favorevole alla fine dell’isolamento di Cuba che, secondo lui, avrebbe favorito lo sviluppo della democrazia.

Lo scorso anno il Cardinale de L’Avana, Jaime Ortega Alamino, fu invitato all’università di Georgetwon a Washington, una scusa per recarsi alla Casa Bianca e consegnare, per conto del Papa, una lettera a mano al presidente statunitense Barack Obama. Nel dicembre 2014, tre mesi dopo quello scambio, Stati Uniti e Cuba annunciarono che avrebbero ristabilito le relazioni diplomatiche, dopo oltre 50 anni di ostilità. Le rispettive ambasciate hanno riaperto i battenti. Sull’onda di questo successo, Papa Francesco arriverà a Cuba per una visita di 4 giorni, la prima tappa del suo viaggio che proseguirà verso gli Stati Uniti. La scelta di priorità nell’itinerario rivela l’importanza che oggi il Papa dà a Cuba. Il primo Papa sudamericano verrà ricevuto dal presidente Raul Castro e, salute permettendo, Fidel Castro potrebbe incontrarlo.

Come segnale di benevolenza, l’Havana ha ordinato un’amnistia per prigionieri di crimini minori, impegnandosi a liberare 3522 persone.

Alla presa del potere di Fidel Castro, nel 1959, seguirono forti restrizioni alla libertà di religione. Oggi è possibile professare liberamente, ma sussistono restrizioni sull’educazione religiosa. Un problema della Chiesa, però, è il numero di fedeli. Secondo il World Christian Database sarebbe il 59%, ma una ricerca di Univision Noticias and Fusion networks rivela che i cattolici sarebbero il 27% della popolazione, solo il 5% praticante. Il cattolicesimo a Cuba vive poi un fenomeno di sincretismo con la con la Santeria, la religione afro-cubana.