Da qui passa il 6% del commercio di tutto il mondo, ma se non si corre ai ripari gli effetti del Nino, fenomeno legato al cambiamento climatico, faranno calare l’importanza del canale che collega Atlantico e Pacifico.
A differenza di Suez a Panama si lavora con acqua fluviale, la drastica diminuzione delle piogge degli ultimi anni sottrae il bene primario, necessario per il suo funzionamento. La prima misura è stata la riduzione del numero di grandi navi che possono attraversarla, passate da 40 a 32 ogni 24 ore. Ma potrebbe non bastare. Per il 2024 si prevede una perdita di 200 milioni di dollari degli introiti, maggiore ancora rispetto a quanto visto durante la pandemia
La situazione è molto delicata, come spiega Ricuarte Vasquez, amministratore delegato del canale di Panama: "Siamo di fronte ad una crisi atipica e molto grave, opereremo con restrizioni fino alla fine settembre del prossimo anno".
Il dislivello necessario per l’attraversamento del canale è di 26 metri, per ogni passaggio si usano 200 milioni di litri d’acqua, se l’acqua scarseggia è chiaro che tutto è a rischio. Alcune navi stanno scaricando i container per trasportarli via terra e poter passare senza carico, ma è un’operazione con alti costi e maggiori tempi. Il futuro del canale, che ha come clienti principali navi cinesi, giapponesi e americane dipende, oggi, dalle piogge che verranno.