Quasi 40 chili di cocaina in un’auto intercettata sabato scorso sull’A2 in territorio di Capolago. Trenta chili scoperti pochi giorni prima in un’altra vettura a Novazzano. E poi ancora, sei membri di una banda internazionale finiti in manette a fine novembre in Svizzera, sospettati di far parte di una rete che avrebbe contrabbandato 1,3 tonnellate di polvere bianca dal Sud America all’Europa. Episodi che rimettono la Confederazione al centro dello scacchiere internazionale del traffico di cocaina: un business criminale in piena espansione che non conosce crisi, in un’Europa diventata il principale mercato di riferimento.
Tutto il continente, Svizzera inclusa, è travolto da uno tsunami bianco. Abbiamo parlato di questo fenomeno con Anna Sergi, professoressa e ricercatrice universitaria in diversi istituti a livello internazionale ed esperta di crimine organizzato e di traffico di cocaina nei grandi porti europei:
È in grado di quantificare il mercato mondiale della cocaina?
“Il mercato mondiale della cocaina è molto difficile da quantificare. Abbiamo delle stime dell’EUDA (European Union Drug Agency) che, insieme a quelle di Europol, sono quelle che vengono solitamente utilizzate . Queste stime hanno, però, i loro limiti. Attualmente si parla, per esempio di dati forniti dagli Stati membri nel 2023, rielaborati solo nel 2024 e pubblicati nel 2025. Si parla, più o meno, di 400-430 tonnellate di cocaina sequestrata, che è un record per il settimo o ottavo anno consecutivo. I dati si riferiscono ai sequestri, quindi solo alla cocaina che viene intercettata, con enormi quantità fermate in Belgio (oltre 100 tonnellate), ma anche in Spagna e nei Paesi Bassi ma, ovviamente, i dati sono incompleti.
Anversa: la cocaina viene nascosta nei container delle gigantesche navi cargo (tratto da Falò del 08.10.2024)
RSI Info 08.10.2024, 12:07
Questo si traduce in un mercato particolarmente proficuo, di oltre tre miliardi di euro. Anche in questo caso, però, si tratta di stime, fatte in base a quanto sarebbe costata la sostanza stupefacente una volta rimessa sul mercato. Si parla sempre della sostanza sequestrata, quindi di una stima incompleta; perciò, c’è tutta una parte del mercato della cocaina che rimarrà, quasi sempre, non vista”.

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L’Europa è ormai ritenuta il principale mercato di riferimento, perché?
“L’Europa è considerata il principale mercato di riferimento perché c’è una domanda in crescita, vale a dire che sono aumentati i consumatori. La cocaina è una droga che crea dipendenza, la quale produce ulteriore dipendenza, in un crescendo. In particolare, in Europa ci sono delle vie logistiche molto consolidate. Sappiamo molto bene come arriva la cocaina nei grandi porti del Belgio, dei Paesi Bassi, della Spagna o dell’Italia, i quali permettono ingenti traffici all’ingrosso. Si tratta di tonnellate di cocaina, quindi non di chili o di quantità esigue. A questo si associa un adattamento dei gruppi criminali a delle rotte e a dei mercati che sono molto diversificati. Il mercato della cocaina si muove sul mercato lecito, non ci sono delle rotte diverse rispetto ai prodotti che arrivano via mare, però i metodi in cui viene trafficata sono molto diversificati. Ciò che arriva nei container viene utilizzato e sfruttato per nascondere, all’interno delle merci, i carichi del narcotico. Al consumo superiore e ingente di cocaina si è appaiato, come suggerisce l’economia, un aumento della produzione nei Paesi del Sud America, come Colombia, Bolivia e Perù; questo ha contribuito all’incremento della capacità di spostare la cocaina tramite nuovi paesi, tra cui l’Ecuador e il Brasile. Sono aumentate le capacità logistiche che alimentano l’offerta verso l’Europa”.

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E qual è il ruolo della Svizzera in questo scenario e chi gestisce i traffici nella Confederazione?
“La Svizzera è simile al resto dell’Europa, dove ci sono dei gruppi criminali a composizione etnica variegata. Pochi di questi organizzano il traffico e hanno i soldi necessari per far partire l’ordine dall’America Latina, per finanziare i grossi quantitativi. All’arrivo in Europa, ci sono dei gruppi, principalmente locali, anche quando sono transnazionali, che si occupano della distribuzione. In questo senso la Svizzera subisce, probabilmente, quello che subiscono molti paesi, tra cui per esempio la Francia, l’Austria e anche in parte la Germania, con cui la Confederazione confina. In Svizzera si riscontra una presenza territoriale diffusa di gruppi di distribuzione, attivi come grossisti e a composizione mista come, per esempio, i balcanici insieme agli italiani. La ‘ndrangheta rimane leader nel traffico e nella grossa distribuzione a livello cross europeo. Ci sono poi gruppi più piccoli, che si rifanno alla camorra, ai gruppi di origine turca o a delle gang locali, che possono essere di origine nigeriana, o autoctoni svizzeri. Il traffico di droga rimane un’attività primaria di reddito per i gruppi basati in Svizzera. La Svizzera ha un ruolo logistico importantissimo, poiché, essendo in mezzo all’Europa, si posiziona sul corridoio Nord-Sud, quindi tra i porti del Nord del Belgio, dell’Olanda e della Germania, e quelli dell’Italia, della Grecia e del Nordafrica, i quali rappresentano la parte sud del corridoio. La Confederazione può, perciò, essere sia una base e territorio di transito, sia un luogo di operazioni di narcotraffico nel paese stesso”.

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Il consumo aumenta, ma anche i metodi di contrasto, ma non in tutti porti
Quello della cocaina non è però più soltanto un semplice mercato in espansione, che ci propone dati allarmanti, ma è un mercato che sta venendo sempre più allo scoperto grazie all’implementazione di nuovi strumenti di contrasto.
Un esempio evidente di questa tendenza è quello del porto di Gioia Tauro, noto per essere il porto d’ingresso della cocaina nel sud dell’Europa. “È un porto legato a traffici di ‘ndrangheta, in terra di ‘ndrangheta”, quindi “da trent’anni è conosciuto per essere complicato”, spiega Anna Sergi. La professoressa aggiunge inoltre come la stessa Guardia di Finanza stimi che a Gioia Tauro passi circa il 90% della cocaina che arriva in Italia. Nonostante ciò, in base a quanto riportato dalla Guardia di Finanza stessa, si riesce a “intercettare fino al 50% della cocaina, che è tantissimo”. Dati che superano qualsiasi altro porto italiano ed europeo.
Il problema delle intercettazioni su scala europea proviene, in gran parte, dalle esigenze dettate dai porti stessi. Questi “non possono e non vogliono rallentare i traffici leciti”, da cui passa la cocaina, “di conseguenza non rallenterà quelli illeciti”, perché “per ogni container che viene controllato e che viene ritardato, il porto perde soldi e la società che possiede la ownership perderà clienti”. “I porti hanno la necessità di processare i container velocemente, e solo il 2-3% viene controllato”, un numero irrisorio.

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