Non una rappresaglia per l’attentato a Gerusalemme, ma un’operazione che sarebbe scattata comunque? Il raid aereo condotto da Israele a Doha, nel Qatar, contro gli altri dirigenti di Hamas è stato al centro della puntata odierna di Modem su Rete Uno, con ospiti tre giornaliste esperte di Medio Oriente.
“Tenderei a dire che un’operazione così non la prepari dall’oggi al domani”, ha affermato Naima Chicherio, giornalista della redazione esteri della RSI, più volte inviata nella regione in conflitto. “Lunedì mattina (il giorno dell’attentato, ndr) il ministro israeliano della Difesa, Israel Katz, ha pubblicato un post su X in cui annunciava appunto un uragano nei cieli di Gaza e lanciava anche una minaccia ad Hamas. Diceva, se non deponete le armi, distruggeremo la città e vi annienteremo non solo a Gaza, ma anche nei vostri lussuosi alberghi all’estero, che potevano essere Beirut, Istanbul oppure Doha”.
A Doha, tra i bersagli, il più in vista era Khalil al-Hayya, membro dell’Ufficio politico di Hamas, già capo negoziatore, la cui eliminazione è stata smentita dai palestinesi. “Lo scorso anno al-Hayya era direttamente coinvolto nei negoziati. Pare rappresentasse la posizione più rigida e intransigente. “Una delle tesi - ha ricordato Chicherio - è che Israele abbia voluto eliminarlo per far sì che nei negoziati subentrassero altri personaggi, ad esempio, l’ultimo comandante rimasto a Gaza City Izz al-Din al-Haddad, che sotto assedio potrebbe essere più incline a negoziare o addirittura a deporre le armi. L’altra tesi è che Israele non voglia negoziare affatto”.
A portare il punto di vista israeliano, Daniel Bettini, caporedattore per gli esteri del quotidiano Yedioth Ahronoth (in ebraico “Ultime notizie”), una delle principali testate del paese: “ Da noi, in Israele, c’è un grandissimo consenso sul fatto che Hamas debba essere eliminato completamente. Dagli attacchi del 7 ottobre 2023 i vertici politici e militari hanno detto che alla fine li prenderemo ovunque si trovino, non solo a casa ma anche fuori. È successo con Saleh al-Arouri a Beirut (il vice-capo di Hamas ucciso da droni israeliani il 2 gennaio 2024, ndr). È successo con Ismail Haniyeh a Teheran (il capo del politburo di Hamas, ucciso il 31 luglio 2024 con un attacco missilistico, ndr). Luoghi che, sicuramente, prima della guerra non si pensava che Israele potesse attaccare“.
Colpire un bersaglio a Doha per il giornalista israeliano solleva tuttavia “il problema del timing. Se sia stato giusto farlo adesso che i negoziati sono a buon punto. D’altra parte ci sono molti analisti qui che pensano che il problema vero dell’impasse negoziale siano proprio quelli là (i vertici politici di Hamas, ndr). Molti dicono che magari questo passo estremo può fare sì che si arrivi più velocemente a una soluzione”.
Ma l’attacco israeliano a Doha potrebbe anche spingere l’emirato a sfilarsi. “A questo punto visto il fallimento dei negoziati su Gaza, che non stanno andando da nessuna parte, (...) io credo che il Qatar possa scegliere di fare un passo indietro”, è il pensiero della giornalista di Repubblica Francesca Caferri, che da una ventina d’anni segue il mondo arabo. “Anche a livello di opinione pubblica interna ci sono molte critiche nei confronti dell’emiro perché continua a parlare con Israele. Quindi è possibile prevedere che il Qatar si avvicinerà agli altri paesi del Golfo, si allontanerà dalla scena diplomatica e magari chiederà anche alla leadership di Hamas di lasciare il suo territorio o comunque non avrà il ruolo di primo piano a cui ci hanno abituato i suoi diplomatici dall’inizio di questa crisi”.
Un vuoto che, secondo Caferri, “è molto difficilmente colmabile. L’Egitto è in grado di prendere in mano il testimone, ma da solo non è in grado di esercitare la pressione necessaria di Hamas, se non altro perché non ha il potere economico, non ha i soldi con cui il Qatar ha fatto pressione su Hamas. Gli altri Paesi non sono in grado di assumere questo ruolo”. Quanto alla Turchia, ha ricordato la giornalista di Repubblica, “le prime condanne, le più dure, sono arrivate dall’ufficio di Erdogan e quindi è difficile pensare che la Turchia, che si è contrapposta in modo così evidente con Israele in questi mesi, possa assumere un ruolo di mediazione”.
Israele: attacco su Doha
Modem 10.09.2025, 08:30
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