ANALISI

Istanbul: trattative avanti a ritmo lento

Le posizioni di fondo sono ancora lontane. E Mosca ritiene di aver risorse sufficienti per perseguire a oltranza i propri obbiettivi: per Putin adesso sono possibili solo una tregua e una pace alle proprie condizioni

  • Ieri, 06:06
  • Oggi, 09:34
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Vladimir Medinsky, il capo della delegazione russa ad Istanbul

  • PA/TOLGA BOZOGLU
Di: Stefano Grazioli 

Il secondo round dei colloqui di Istanbul tra Russia e Ucraina si è concluso con un piccolo passo avanti, ossia con l’accordo su un nuovo scambio di prigionieri, e un sostanziale stallo sugli altri dossier: Kiev, che aveva già consegnato a Mosca un documento guida, ha ricevuto a sua volta il memorandum annunciato dal Cremlino con la road map russa per la via alla pacificazione e il dialogo rimane aperto alla ricerca di un compromesso. Alla luce delle due settimane intercorse dal primo incontro di metà maggio, caratterizzate dalla continua battaglia con i droni, dall’aumentata pressione russa nell’area tra Sumy e Kharkiv e dallo spettacolare attacco ucraino in territorio russo che ha colpito vari aeroporti militari, è già però un successo che il tavolo dei negoziati non sia andato a gambe all’aria. Al di là delle posizioni di fondo ancora lontane, la realtà è dunque quella di trattative che seguono un ritmo lento, avulso da quello della guerra, che prosegue con la spinta più forte da entrambi i lati, quello russo e anche quello ucraino, come ha mostrato l’Operazione tela di ragno compiuta da Kiev proprio alla vigilia dei negoziati in Turchia.

Il segnale di Zelensky

In questo contesto il segnale mandato da Volodymr Zelensky è stato indirizzato da una parte al Cremlino, sottolineando così la volontà di non voler accettare compromessi al ribasso, e dall’altra agli alleati occidentali, Stati Uniti in primis, per rafforzare la convinzione che la Russia è vulnerabile militarmente, oltre che a livello economico tramite le sanzioni; inoltre vi è stato il messaggio verso l’interno, sia verso l’opposizione parlamentare sia verso l’elettorato, che potrebbe essere chiamato al voto in caso di tregua duratura, con la dimostrazione che le forze ucraine sono comunque in grado di tener testa a quelle di una potenza nucleare come la Russia e che la leadership a Kiev rimane forte.

L’indiscutibile successo dell’Operazione tela di ragno, che al di là della propaganda deve fare i conti però con l’impatto reale avuto, già molto ridimensionato dagli analisti e dai blogger militari più attenti rispetto alla versione ufficiale dell’intelligence di Kiev, non ha comunque avuto effetti immediati a Istanbul e la richiesta principale del fronte ucraino e dei volenterosi europei, cioè quella di una tregua di trenta giorni propedeutica alle trattative vere e proprie è stata anche questa volta ignorata. Che non ci sia stato movimento in questa direzione, ossia verso la ricerca del cessate il fuoco incondizionato come priorità annunciata dal presidente ucraino, rimane un vantaggio per Vladimir Putin, che sino ad ora ha dettato tempi e contenuti per i colloqui, cercando di imporre la propria linea.

La risposta di Putin

Se il Cremlino avesse avuto bisogno di un pretesto per voler prolungare il conflitto, l’attacco in massa agli aeroporti russi, al di là del risultato e delle intenzione ultime ucraine, glielo ha fornito su un piatto d’argento: Putin, colto di sorpresa come era già successo nel 2024 con l’incursione ucraina via terra nella regione russa di Kursk, ritiene sempre però di essere in una posizione di forza. Come accaduto in oltre tre anni di guerra, le operazioni ucraine in Russia, dagli attacchi coi droni a Mosca e San Pietroburgo, ai sabotaggi in varie basi militari dalla Crimea alla Siberia, passando per le incursioni limitate dei gruppi paramilitari stranieri negli oblast di confine fino a quella su larga scala a Kursk, hanno avuto una grande eco internazionale, ma non hanno influenzato il corso del conflitto, rimasto incanalato nel binario dominato da Mosca.

È in questo scenario che la guerra va avanti dalla fallita controffensiva ucraina del 2023, con la Russia che progressivamente avanza sul terreno, mentre l’Ucraina non ha potuto ancora davvero fermarla, nonostante appunto colpi spettacolari al momento, ma inefficaci sul lungo periodo. Da questo punto di vista gli equilibri sono invariati e il duello andrà dunque avanti su questa linea, con le trattative in bilico e i combattimenti che proseguono: Mosca ritiene di aver risorse sufficienti per perseguire a oltranza i propri obbiettivi e per Putin adesso solo una tregua e una pace alle proprie condizioni sono possibili; l’Ucraina pensa di potere resistere grazie all’aiuto dei volenterosi europei e soprattutto spera di ritrovare dalla propria parte gli Stati Uniti come all’inizio del conflitto con Joe Biden: Zelensky vuole evitare ora la capitolazione e rimandare un’intesa a tempi più favorevoli. Il pendolo continua in ogni caso a oscillare verso la Russia e perché cambi direzione molti fattori devono ancora mutare radicalmente. 

02:53

Ucraina attacca in profondità, nuovi negoziati a Istanbul

Telegiornale 02.06.2025, 12:30

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