Analisi

L’accordo tra USA e Ucraina è firmato ma i nodi rimangono

L’intesa sulle risorse minerarie fra Washington e Kiev lascia irrisolte le questioni politiche e belliche

  • Oggi, 13:44
  • 31 minuti fa
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Terre rare, accordo raggiunto tra Washington e Kiev

Telegiornale 01.05.2025, 12:30

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Di: Stefano Grazioli 

L’accordo firmato tra Ucraina e Stati Uniti riguarda i rapporti economici ed è strutturato sulla creazione di un fondo d’investimento comune per lo sfruttamento delle risorse minerarie (terre rare, gas e petrolio) a cui Washington avrà accesso e di cui Kiev manterrà proprietà e controllo. L’intesa, per come è stata illustrata da entrambe parti, non contiene aspetti politici specifici, ma nel contesto attuale del complicato processo di trattative assume una valenza particolare: da un lato marca il primo punto d’incontro, nero su bianco, tra Volodymr Zelensky e Donald Trump, dopo che a febbraio il vertice d’esordio tra i due presidenti si era concluso in un disastro diplomatico che aveva influenzato negativamente la fase di negoziazione; dall’altro lascia in sospeso appunto le questioni politiche, fondamentali per giungere a una soluzione definitiva del conflitto. Se da parte ucraina vi era l’intenzione di legare la prospettiva economica a quella politica, con l’eventuale aggancio al tema delle garanzie di sicurezza postbelliche da parte degli USA, il risultato finale dell’accordo non contempla questa prospettiva e l’architettura per la pacificazione è ancora tutta da definire, almeno in apparenza.

I timori di Kiev

L’arrivo di Trump alla Casa Bianca ha cambiato i rapporti tra Washington e Kiev e impresso una forte accelerazione nel tentativo di portare Ucraina e Russia ad un accordo per sedare e concludere il conflitto. Gli Stati Uniti hanno mutato il ruolo avuto sotto l’amministrazione di Joe Biden, quello sostanziale di principale alleato politico e militare dell’Ucraina nella cornice della proxy war, assumendo una posizione di mediazione, basata sia sulla tattica di fondo di rimodulazione geopolitica delle relazioni con la Russia, sia sulla situazione militare nell’ex repubblica sovietica, dove dopo oltre tre anni di conflitto le speranze di Kiev di recuperare la Crimea e il Donbass non paiono realistiche. La leadership ucraina, che continua ad avere il supporto dell’Unione Europea e della cosiddetta coalizione dei volenterosi, ha accusato Washington di replicare la narrazione di Mosca e teme di essere costretta ad un accordo in cui ne uscirà in difetto. L’approccio di Trump e del Cremlino è dettato dalla Realpolitik e se la fotografia della guerra al momento vede vincente la Russia è inevitabile secondo questa veduta che le concessioni vengano fatte dal perdente.

Le tattiche di Putin e Zelensky

L’intesa economica siglata da USA e Ucraina è dunque un passo importante sull’asse occidentale, ma i nodi tra Mosca e Kiev rimangono quelli di prima. Dallo scorso febbraio, dal primo contatto fra Donald Trump e Vladimir Putin, sono stati diversi gli incontri bilaterali tra rappresentati statunitensi e russi ed è stato creato un terreno per il dialogo che dal 2022 non si è mai avuto: anche tra Stati Uniti e Russia i punti di contatto, almeno quelli resi pubblici, sono stati di ordine economico e hanno riguardato vari aspetti, soprattutto quelli delle sanzioni. Se è stato riallacciato quindi il cordone della comunicazione e approfondito lo spazio teorico di collaborazione, non si sono registrati però progressi significativi sul fronte bellico, tanto meno su quello, ancora più importante, della ricostruzione del sistema di sicurezza europeo e internazionale postbellico. La mediazione di Trump non è stata efficace nel comporre le divergenti tattiche di Putin e Zelensky.

Quale tregua?

L’ostacolo da superare in questa fase delle trattative è quello del raggiungimento del cessate il fuoco: da un lato il Cremlino lo prevede nel contesto di un accordo ad ampio raggio in cui rientrino tutti gli elementi necessari per un’intesa duratura, vale a dire non solo i dettagli militari, ma anche politici, ossia in primo luogo le richieste di riconoscimento dei territori occupati e la neutralità futura dell’Ucraina; dall’altro lato dalla Bankova, il palazzo presidenziale di Kiev, si punta prima a una sospensione temporanea dei combattimenti, per poi trattare sul resto. Il risultato è che la guerra va avanti, con la Russia che mantiene l’iniziativa e l’Ucraina costretta a difendersi. Dall’inizio del 2025 il sostegno militare statunitense è stato praticamente azzerato e quello europeo si è notevolmente ridotto e se queste condizioni non muteranno sarà difficile per Kiev mantenere comunque le posizioni attuali.

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