L’anniversario

L’invasione dell’Ucraina, due anni dopo

Facciamo il punto sul conflitto che vede coinvolti Mosca e Kiev - Com’è la situazione al fronte? Sono servite le sanzioni? C’è spazio per parlare di pace? L’intervista

  • 24 febbraio, 06:41
  • 27 febbraio, 12:28
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In trincea

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Di: AlesS/Stefano Grazioli

Era il 24 febbraio 2022 quando è iniziata l’invasione russa in territorio ucraino. Il conflitto tra le due parti prosegue, anche se le conquiste territoriali ormai da tempo vanno a rilento. Sanzioni economiche, aiuti occidentali, appelli alla pace, incontri, conferenze non hanno per ora permesso una svolta.

Abbiamo chiesto al nostro collaboratore ed esperto di Russia e Ucraina, Stefano Grazioli, che in tutti questi mesi ci ha aiutato con analisi puntuali a fornivi una lettura di questo conflitto, di rispondere a una serie di domande.

Sono passati due anni dall’inizio dell’invasione russa in territorio ucraino. Qual è la situazione sui due fronti?

La linea del fronte di guerra corre lungo oltre 1’000 km di territorio ucraino e si può suddividere in sostanza in due parti, quella orientale, nel Donbass, e quella meridionale, nelle regioni di Zaporizhia e Kherson. Nella prima la Russia ha preso l’iniziativa ormai dallo scorso anno e prosegue una lenta avanzata con l’obbiettivo di allargare il perimetro dei territori già annessi e arrivare al controllo completo degli oblast di Lugansk e Donetsk. La recente vittoria ad Avdiivka si va ad aggiungere a quelle del 2023 a sud di Kharkiv, in particolare a quella di Bakhmut. In questa fase del conflitto, dove la superiorità russa si sta facendo sentire anche a causa della mancanza di aiuti occidentali all’Ucraina, Mosca sembra stia spingendo sull’acceleratore, approfittando delle difficoltà di Kiev, che non va oltre i colpi a distanza in Crimea o nella regione russa di Belgorod, senza però poter incidere sull’andamento del conflitto. Anche sul fronte meridionale, dove avrebbe dovuto arrivare la controffensiva ucraina la scorsa estate, le truppe ucraine paiono essersi concentrate sulle operazioni difensive. Le prossime settimane e i mesi primaverili definiranno più chiaramente le possibilità che avrà la Russia di proseguire l’avanzata e l’Ucraina di resistere ed eventualmente preparare il contrattacco che difficilmente avverrà entro quest’anno. Molto dipenderà da quanto l’Occidente sarà disposto a investire nel sostegno militare a Kiev e quanto Mosca avrà la forza di continuare come sta facendo.

In due anni, i due presidenti, Zelensky e Putin, hanno dovuto affrontare la tenuta politica interna dei rispettivi paesi, che bilancio si può stilare?

Nel 2023 la posizione di Putin si è rafforzata e l’episodio della ribellione di Evgeny Prigozhin sembra essere stato superato senza problemi, sia a livello militare, con la gestione della compagnia Wagner integrata nelle forze regolari, che a livello politico, con un rafforzamento della verticale del potere. Alla vigilia delle elezioni presidenziali di marzo, dopo l’ulteriore repressione interna che ha coinvolto ogni tipo di dissenso, sia quello dell’opposizione civile e moderata che delle frange ultranazionaliste, il Cremlino gode di una stabilità legata da una parte al positivo corso del conflitto e dall’altra alla relativamente tranquilla situazione economica che non offre spazio a possibili rivolte sociali. In Ucraina il quadro per Zelensky si è complicato, sull’onda della controffensiva andata male, mettendo in evidenza sia i problemi militari che quelli politici. Il consenso del presidente ucraino si sta riducendo e il cambio al vertice delle forze armate, con il siluramento del generale Zaluzhny, sostituito dall’ex comandante delle forze di terra Syrsky, non ha fatto che peggiorare la situazione. Anche sul versante alleato Zelensky appare in difficoltà, al di là della retorica occidentale di un sostegno illimitato all’Ucraina che nella realtà dei fatti è iniziato a mancare già nella seconda metà del 2023. 

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Il presidente ucraino Zelensky

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Come le sanzioni economiche hanno indebolito Mosca?

L’Unione Europea ha approvato in due anni tredici pacchetti sanzionatori contro la Russia e i paesi del G7 trainati dagli Stati Uniti, insieme con Bruxelles, hanno tentato di isolare Mosca, colpendo l’economia russa, per far cambiare rotta al Cremlino dopo l’invasione dell’Ucraina. Il piano occidentale è sostanzialmente fallito, dato che Putin non ha cambiato di un millimetro la linea bellica nell’ex repubblica sovietica. Le ragioni di questo risultato sono molteplici e passano dall’impossibilità fisica nell’era della globalizzazione di imporre sanzioni efficaci a un paese che è sì isolato sul lato occidentale, ma continua a tenere relazioni economiche e commerciali con il resto del mondo, che non si è affiancato alle posizioni di UE e G7. Inoltre, Mosca è apparsa preparata nell’affrontare la guerra finanziaria e commerciale, grazie non solo alle vie per aggirare i provvedimenti restrittivi occidentali, ma alle contromisure applicate con l’esperienza degli anni precedenti, dopo che dal 2014 erano arrivate le prime sanzioni. Se da un lato così la Russia cresce soprattutto grazie alla conversione in economia di guerra, il fatto che il settore energetico, fondamentale per il paese, sia stato solo parzialmente sanzionato (parte degli scambi petroliferi, ma non gas e nucleare) ha consentito al Cremlino un buono spazio di manovra, efficace per evitare il cordone occidentale.

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Il presidente russo Vladimir Putin

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Com’è la situazione economica ucraina? Quanto sono fondamentali gli aiuti occidentali per contrastare “l’operazione militare speciale” di Putin?

L’Ucraina sopravvive economicamente e militarmente solo grazie agli aiuti occidentali. Se l’Unione Europea ha recentemente approvato un pacchetto da 50 miliardi di euro, destinato in larga parte a sostenere lo stato ucraino nelle sue funzioni di base, negli Stati Uniti sono ancora bloccati 61 miliardi di dollari, destinati in primo luogo agli armamenti. Nonostante Kiev stia ricevendo ulteriore sostegno da singoli paesi, il blocco di Washington, se continuerà, costringerà l’Unione Europea a dover raddoppiare gli sforzi e la velocità nei rifornimenti. Il problema principale è al momento quello delle munizioni, ma l’esercito ucraino ha bisogno costante di armamenti e tecnologie. Anche l’arrivo nei prossimi mesi estivi dei caccia da combattimento F16 potrebbe non rappresentare il game changer sperato da Kiev, come accaduto nel passato per altri tipi di armi. Il punto interrogativo maggiore per l’Ucraina riguarda in ogni caso il numero di uomini a disposizione, inferiore di gran lunga a quello della Russia.

In un recente sondaggio condotto a livello europeo è emerso che solo il 10% della popolazione crede che la Russia possa essere sconfitta. Quali sono le prospettive di vittoria per i due paesi in conflitto?

La cornice rimane quella di una guerra di logoramento, per cui chi ha il respiro più lungo, le riserve maggiori, ha anche le probabilità più grandi di vincere. I conflitti lunghi sono caratterizzati da varie fasi e in questa al momento la Russia appare in vantaggio: dopo due anni di combattimenti Mosca controlla circa un quinto del territorio ucraino, Crimea compresa, e pare avere in pugno l’iniziativa al fronte, con l’obbiettivo minimo di completare la conquista delle regioni di Lugansk e Donestk prima, Zaporizhia e Kherson poi. Kiev sembra lontana dagli obbiettivi dichiarati, ossia quella di espellere le truppe russe oltre i confini del 2014, riconquistando quindi tutto il Donbass e la penisola sul Mar Nero. Se la guerra finisse ora, Putin sarebbe il vincitore, Zelensky il perdente. Entrambi però, per motivi differenti, non paiono pronti a sedersi al tavolo delle trattative e ragionando sul lungo periodo il primo spera in un’ulteriore avanzata, il secondo di ottenere il sostegno sufficiente per ribaltare la situazione.

Si parla di processo di pace, la Svizzera è in prima fila nel promuovere una conferenza, ma quali sono i margini per permettere un dialogo tra Mosca e Kiev?

Il piano di pace presentato da Zelensky è irrealistico, visto che prevede le trattative con la Russia solo dopo la sconfitta di Mosca e la riconquista ucraina di Donbass e Crimea. Il Cremlino, d’altra parte, si è detto pronto a negoziati solo partendo dallo status quo, ossia con la Russia in vantaggio. È evidente che qualsiasi tipo di dialogo per avere successo deve coinvolgere sia Mosca che Kiev e avere la benedizione degli Stati Uniti, il principale sponsor dell’Ucraina. La strada per la pacificazione sarà in ogni caso molto lunga, considerando anche il fatto che il conflitto nel Donbass su piccola scala è cominciato nel 2014 e si è allargato dal 2022: il rischio è che prosegua a intensità alternata fino a che una delle due parti non sarà davvero logorata e dovrà cedere a un’inevitabile compromesso.

Ucraina, Kiev si ritira da Avdiivka

Telegiornale 17.02.2024, 20:00

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