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L’ombra della disinformazione sul voto taiwanese

Secondo gli analisti, Pechino sta tentando di allontanare l’opinione pubblica dell’isola dalle idee indipendentiste anche attraverso la rete

  • 12 gennaio, 05:51
  • 12 gennaio, 11:19

Taiwan: l'influenza cinese sulle elezioni

RSI Info 12.01.2024, 11:15

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Di: Loretta Dalpozzo  

A Taiwan, il candidato alle presidenziali del partito progressista democratico (DPP), Lai Ching-Te, ha accusato la Cina di usare “tutti i mezzi per interferire con queste elezioni”, compresa la disinformazione. Pechino ha respinto tali critiche parlando di propaganda.

La Cina si oppone da tempo al partito al potere e alla presidente Tsai Ing-wen, che considera Taiwan uno Stato sovrano e non accetta le pretese del vicino, determinato a incorporare l’isola sotto di sé.  Con Lai in testa ai sondaggi, non è un caso che Pechino abbia definito il voto come una scelta tra guerra e pace.

Gli abitanti di Taiwan sono abituati alle pressioni militari della Cina, ma devono ora anche imparare a gestire le campagne di disinformazione sempre più sofisticate.

“Usano molto l’intelligenza artificiale”, ci dice Puma Shen, attivista per i diritti umani, fondatore della Kuma Academy specializzato in disinformazione e ora anche candidato parlamentare per il DPP. “È successo qualche giorno fa: attraverso l’IA hanno cercato di generare più di 1000 video sulla nostra presidente che diceva di avere relazioni con molti ragazzi più giovani”.

Un video emerso a novembre, mostrava Lai Ching-Te mentre parlava alla stampa con l’audio alterato per far sembrare che stesse elogiando gli oppositori del suo partito, più favorevoli a Pechino. Le autorità taiwanesi lo hanno rimosso, descrivendolo come un tentativo di influenzare gli elettori.

In Asia, come in tutto il mondo, le campagne di disinformazione, perpetrate da attori stranieri che cercano di indebolire i nemici all’estero, stanno esercitando pressione sulle democrazie, mettendone alla prova il funzionamento.

“YouTube e Google stanno cercando di fermare questi video fraudolenti”, continua Puma Shen. “Ma non possiamo in alcun modo fermare TikTok perché è una piattaforma cinese”.

Secondo alcuni sondaggi condotti tra gli studenti, soltanto il 60% crede che a Taiwan la disinformazione arrivi da Paesi stranieri e unicamente il 34% ritiene che tali falsità arrivino dalla Cina. Ma come si fa a convincere gli scettici del pericolo delle fake news?

“L’unico modo è collaborare con le piattaforme di social media, localizzarle a Taiwan, affinché siano più trasparenti e sottostiano a determinate leggi”, conclude Puma Shen.

Nel frattempo, sabato 13 gennaio, 23 milioni di elettori sceglieranno il prossimo presidente, con o senza le influenze della rete.

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