“Gli Stati Uniti erigono muri, noi costruiamo ponti e uniamo gli oceani”. La Cina racconta così l’accordo per sviluppare il progetto della ferrovia bioceanica, siglato con il Brasile a margine del summit annuale dei BRICS. Proprio mentre Donald Trump invia le lettere minacciando dazi a partner e alleati, Pechino ne approfitta per presentarsi come garante del libero commercio. Il progetto riguarda un ambizioso corridoio infrastrutturale destinato a trasformare il panorama logistico dell’Amazzonia e rafforzare il legame tra Cina, Brasile e Sudamerica in generale. L’intesa è stata siglata tra il colosso statale China Railway Economic and Planning Research Institute e la brasiliana Infra (collegata al ministero dei Trasporti), a cui spetta il coordinamento di studi preliminari su impatto ambientale e sociale. Il corridoio attraverserà l’Amazzonia – passando per Cusco, Pucallpa, Rondônia, Acre, Mato Grosso – per poi innestarsi sul sistema ferroviario e autostradale brasiliano. Il tracciato, della lunghezza stimata tra i 3700 e i 4500 chilometri, collegherà il porto di Ilhéus (Bahia) sull’Atlantico al mega-porto peruviano di Chancay (inaugurato lo scorso autunno con investimenti cinesi) sul Pacifico. Obiettivo dichiarato: ridurre i tempi di trasporto tra Sud America e Asia di circa 10 giorni, rispetto alla rotta via Canale di Panama o via Atlantico-Africa.
Il progetto si inserisce nella strategia globale cinese, collegata alla Belt and Road Initiative (Nuova Via della Seta), mirata a garantire l’accesso alle materie prime, rafforzare la presenza commerciale in Sud America e creare alternative logistiche al controllo marittimo delle potenze occidentali. La ferrovia è una componente rilevante del cosiddetto “sogno cinese” di Xi Jinping. Non a caso, il presidente cinese ha parlato per la prima volta del corridoio bioceanico già nel 2013, appena salito al potere. Negli ultimi anni, è stato al centro dei numerosi incontri con il presidente brasiliano Lula. I costi del progetto potrebbero superare gli 80 miliardi di dollari statunitensi, avvicinandosi ai 100. C’è chi prevede l’inizio operativo dei lavori intorno al 2028, ma non mancano i punti critici. Il passaggio dell’opera attraverso l’Amazzonia ha sollevato forti preoccupazioni da parte di ambientalisti, ONG e difensori dei diritti delle popolazioni indigene. Il tracciato lambirà la cosiddetta “Arc of Deforestation”, mettendo a rischio aree di grande biodiversità e comunità isolate, con potenziali pressioni su disboscamento, estrattivismo illegale e violazioni territoriali. Critici brasiliani chiedono standard ambientali rigorosi simili a quelli del FMI o Banca Mondiale. Ma i sostenitori insistono sul fatto che il corridoio ferroviario ridurrà le emissioni pro capite rispetto ai trasporti su gomma e migliorerà l’efficienza logistica, soprattutto per soia e minerale di ferro diretti verso la Cina. Più efficienza significherebbe meno costi, più competitività e potenziale crescita economica per il Brasile.
La vicenda è seguita con attenzione anche dagli Stati Uniti. Il progetto ferroviario si inserisce infatti in un disegno più ampio della Cina: quello di costruire alternative terrestri e portuali per bypassare infrastrutture controllate o influenzate da Washington. Negli ultimi anni, Pechino ha investito in oltre 40 porti latinoamericani, creato corridoi di trasporto energetico e alimentare con Cile, Argentina e Bolivia. Altri progetti ferroviari simili in Colombia e Nicaragua sono invece congelati, coi governi locali più cauti rispetto a Brasile e Perù. Il tutto avviene peraltro dopo che l’amministrazione Trump ha già mostrato la sua decisione nello sradicare l’influenza cinese nel vicinato degli Stati Uniti, a partire dal Canale di Panama.
Potrebbe però essere tardi. Dal 2000 a oggi, l’interscambio tra Cina e America Latina è passato da 12 a 450 miliardi di dollari. E nel 2024 ha superato per la prima volta i 500 miliardi di dollari. La Cina investe cifre ingenti in infrastrutture e penetrazione digitale. In cambio, Pechino riceve accesso prioritario a risorse cruciali per l’industria tecnologica verde, come il litio. Negli ultimi tempi, aumenta anche l’interesse di stabilire impianti di produzione di colossi cinesi dei settori strategici, passibili di finire nel mirino di sanzioni e dazi statunitensi. È il caso del produttore di auto elettriche BYD, che sta costruendo una fabbrica in Brasile. Durante il recente summit bilaterale Cina-CELAC (Paesi dell’America Latina e dei Caraibi) il presidente colombiano Gustavo Petro ha invece firmato l’adesione alla Via della Seta.
La ferrovia bioceanica, se davvero sarà completata, è destinata ad aumentare l’ascendente della Cina nel continente che spesso gli Stati Uniti considerano parte della loro area di influenza.

BRICS nel mirino dei dazi di Trump
Telegiornale 07.07.2025, 12:30