REPORTAGE

I dazi colpiscono anche il vino statunitense

Tra vendite in calo, costi in aumento e timori per i lavoratori, l’industria vinicola americana affronta una vendemmia carica di incertezze

  • Oggi, 10:22
  • 36 minuti fa
05:00

SEIDISERA 18.00 del 08.07.2025 Il servizio di Andrea Vosti

RSI Info 09.07.2025, 10:21

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Di: Andrea Vosti-SEIDISERA/YR 

Un settore che sta facendo i conti con le conseguenze dei dazi imposti dall’amministrazione Trump è quello vinicolo. Gli Stati Uniti, quarto produttore di vino al mondo, devono gran parte della loro fama alla California, ma anche ad altre realtà regionali come l’Oregon, dove il Pinot Nero è la varietà regina.

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La cantina Adelsheim

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A circa 45 minuti da Portland si trova l’azienda vinicola Adelsheim, una delle dieci pioniere della storia vinicola di questo Stato. “L’Oregon appartiene a un’era vinicola molto giovane. Qui abbiamo iniziato a produrre vino nel 1971, mentre a livello statale l’industria è nata a metà degli anni ’60”, racconta Rob Alstrin, manager dell’azienda di proprietà di una delle prime dieci famiglie che hanno piantato la vite in questa regione.

La produzione di vini è limitata ma rinomata a livello internazionale, grazie alla qualità dei Pinot Noir, una varietà aristocratica resa celebre anche dal film Sideways del 2004. Oggi l’Oregon conta 726 produttori di vino, un’industria che impiega circa 30’000 persone e produce ogni anno 36 milioni di bottiglie. Una storia di successo, ora minacciata dalla guerra commerciale di Trump.

“La nostra azienda esporta in una ventina di Paesi e gode anche di una buona domanda interna, ma le vendite sono crollate a causa della guerra commerciale. Il nostro principale mercato estero era il Canada, che rappresentava il 46% delle esportazioni. Dopo l’introduzione dei dazi, il Canada ha ritirato tutti i vini americani dagli scaffali, e le nostre vendite sono passate dal 46% a 0”, spiega Alstrin.

Ma i dazi non colpiscono solo le esportazioni. Anche i costi di produzione sono aumentati. “In cantina maturiamo il vino in botti di rovere francese, ora soggette a tasse doganali più alte. Quindi da un lato i costi aumentano, dall’altro le vendite calano. È un periodo difficile.”

Invece di rendere più competitivi i vini statunitensi, i dazi rischiano di far lievitare i costi di produzione e, di conseguenza, i prezzi al consumo. Il timore è che i consumatori si allontanino dal vino, mettendo in crisi l’intero settore.

Come se non bastasse, l’industria vinicola – come tutto il comparto agricolo – è finita anche nel mirino dell’ICE, l’agenzia federale che controlla l’immigrazione. Molti lavoratori delle vigne sono immigrati, spesso senza documenti. “Noi siamo fortunati: abbiamo una squadra di dieci persone che lavora con noi da venti o trent’anni. Sono parte della famiglia. Ma fa male vederli spaventati solo per il fatto di venire a lavorare. In aziende vicine, alcuni braccianti sono stati arrestati e trasferiti fuori dallo Stato in attesa di espulsione.”

Tra dazi e retate, tra timori e speranze, nella Willamette Valley ci si prepara a una vendemmia decisamente fuori dall’ordinario.

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