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La nuova disciplina scolastica secondo Bukele

Dalla riforma dell’istruzione alla rielezione illimitata: El Salvador verso l’autoritarismo

  • Oggi, 06:53
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Info Notte del 23.08.2025: La "militarizzazione" delle scuole in El Salvador

RSI Info 23.08.2025, 22:54

Di: Laura Daverio 

Presentarsi a scuola in El Salvador ha nuove regole. All’ingresso, gli studenti vengono controllati: l’uniforme deve essere pulita, calze e scarpe in ordine, il taglio di capelli “adeguato”, come indicato in poster affissi fuori dagli istituti. Tra gli esempi di pettinature ammesse emerge anche la foto dell’attore Channing Tatum con i capelli rasati, mentre sono elencati anche i tagli vietati. Le misure sono frutto di una direttiva del governo di Nayib Bukele e affidate alla nuova ministra dell’Istruzione, Karla Trigueros, ufficiale dell’esercito in mimetica, incaricata di “preparare le nuove generazioni” secondo rigidi standard. Gli studenti che non rispettano le disposizioni rischiano sanzioni, così come i dirigenti scolastici che non vigilano, passibili di “grave negligenza amministrativa”. Bukele difende l’iniziativa come parte del suo piano per “trasformare l’educazione”. La retorica ufficiale lega sempre le riforme alla lotta al crimine, che gli ha garantito popolarità. Le scuole, in effetti, sono state spesso terreno di reclutamento per le bande e per questo l’iniziativa è vista positivamente da una parte della popolazione. Tuttavia, cresce il timore verso un autoritarismo sempre più intollerante, che include anche i più giovani, in un contesto dove le voci critiche trovano sempre meno spazi. Gli ultimi mesi hanno confermato un’accelerazione in questa direzione.

A maggio, il parlamento, controllato dal partito del presidente, ha approvato la “Legge degli agenti stranieri”, modellata su quella passata dal regime Ortega in Nicaragua nel 2020. Impone a ONG e media indipendenti di registrarsi presso il governo e pagare una tassa del 30% sui fondi ricevuti dall’estero. Le autorità possono decidere chi può operare nel Paese e chi no. Si stima che il provvedimento potrebbe colpire fino a 8’000 organizzazioni.

Meno di un mese fa, si è arrivati a un punto di svolta, quando il parlamento ha votato a favore della riforma costituzionale che autorizza la rielezione presidenziale indefinita, estende il mandato a sei anni ed elimina il ballottaggio. La riforma dà così la possibilità a Bukele di candidarsi e rimanere al potere a vita.  Numerosi osservatori hanno paragonato la parabola antidemocratica di Bukele a quella già vista in Venezuela e Nicaragua. E seguendo l’esempio di questi ultimi, si è registrato negli ultimi mesi un’impennata nel numero di giornalisti, avvocati, ambientalisti e difensori dei diritti umani che hanno lasciato il Paese per chiedere asilo all’estero.

La velocità con cui si sta muovendo Bukele avviene in un contesto internazionale favorevole al presidente. I conflitti che si stanno consumando in Europa e in Medio Oriente fanno sì che meno attenzione venga riversata su questa parte del mondo. Ma sopratutto la sua alleanza con Donald Trump gli ha garantito copertura diplomatica: gli Stati Uniti, attraverso il Dipartimento di Stato, hanno espresso sostegno alle riforme costituzionali salvadoregne, respingendo i paragoni con “regimi dittatoriali”. Il presidente salvadoregno ha notoriamente messo a disposizione degli Stati Uniti la sua mega prigione, il Cecot (Centro di confinamento del terrorismo), per ospitare migranti venezuelani espulsi da Washington, tra cui presunti membri del Tren de Aragua. Accuse generiche non comprovate, circa il 90% dei migranti mandati in El Salvador è risultato non avere precedenti penali negli Stati Uniti.

Nella regione, in particolar modo nei Paesi alle prese con alti livelli di violenza, il “modello Bukele” viene spesso indicato come esempio da seguire. La sua lotta contro le bande criminali, condotta in regime di emergenza, ha portato il Paese a una condizione di sicurezza inimmaginabile solo pochi anni prima. Un traguardo raggiunto a caro prezzo, che include arresti sommari e incarcerazione a tempo indefinito di migliaia di persone innocenti.

Il Costa Rica ha annunciato la costruzione di una nuova prigione di massima sicurezza, ispirata al Cecot, la struttura salvadoregna nota per le umilianti immagini che il governo continua a pubblicizzare dei detenuti, così come per incarcerazioni arbitrarie, tortura e anche morti sospette. Il progetto, battezzato CACCO (Centro di massima sicurezza per il crimine organizzato), avrà una capacità di 5’100 detenuti e servirà ad affrontare l’ondata di violenza legata al narcotraffico. Il governo salvadoregno fornirà consulenza tecnica su piani, sicurezza e logistica.

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