Dopo il primo incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump in Alaska e il successivo summit tra il presidente statunitense, Volodymyr Zelensky e leader europei, il quadro per l’avvio delle trattative è in apparenza statico, con Mosca e Kiev sempre sulle rispettive posizioni, per nulla inclini, almeno pubblicamente, a fare concessioni; anche gli Stati Uniti sono rimasti nel ruolo di moderatori, Bruxelles e i volenterosi invece in quello di spettatori. La Russia, che al di là della narrazione occidentalista europea è in vantaggio militarmente, è disposta al dialogo partendo dallo status quo e soprattutto alle proprie condizioni, mentre l’Ucraina e gli alleati più stretti sperano in un capovolgimento del fronte, che però al momento non si vede all’orizzonte, mancando di ogni presupposto.
La guerra di logoramento, che ha colpito duramente l’ex repubblica sovietica, ancora in grado di difendersi militarmente e sopravvivere economicamente grazie al supporto esterno, è comunque favorevole al Cremlino, per evidenti motivi nei rapporti di forza e nelle risorse disponibili, al di là della resilienza ucraina mostrata in tre anni e mezzo di combattimenti; nonostante gli sforzi degli Stati Uniti, almeno sotto Joe Biden, e dell’Unione Europea, per isolare e alzare il costo del conflitto per Mosca, Putin non ha cambiato di un millimetro la propria strategia e la Russia è apparsa in grado di reagire alle misure adottate dallo schieramento occidentale.

L'incontro Putin-Zelensky sempre più in forse
Telegiornale 22.08.2025, 20:00
Costi relativi
Dopo momenti di crescita forte dell’economia (4,9% del pil nel 2024), il quadro macroeconomico russo, prima surriscaldatosi trainato dal conflitto, si sta ora raffreddando e le prospettive di aumento del prodotto interno lordo sono state ridimensionate: per la fine del 2025 sono state calcolate all’incirca all’1%, in evidente diminuzione, in linea però con la crescita dell’area Euro, dove comunque le grandi economie, come quella tedesca, paiono essersi impiantate e sono in recessione. La governatrice della Banca centrale russa Elvira Nabiullina ha cercato di contenere le difficoltà, con l’alta inflazione, sul 10%, a pesare sulle tasche dei russi, ed è riuscita ad abbassare gli alti tassi dal 20% al 18%. Pur non godendo di ottima saluta, l’economia russa è insomma lontana dal collasso.
Le sanzioni occidentali, e i 18 pacchetti restrittivi comminati dall’Unione europea, hanno sortito sino ad ora pochi risultati, sia a causa delle contromisure russe, sia delle maglie in verità non troppo strette con le quali Bruxelles ha tentato di imbrigliare Mosca. Non è certo un caso se nell’ultimo sondaggio pubblicato all’inizio di agosto dal Levada center, istituto indipendente classificato anche come agente straniero, solo il 2% dei russi ha dichiarato come il tema delle sanzioni e dei dazi sia stato davvero rilevante nelle quattro settimane precedenti; lo scorso febbraio, sempre stando al Levada, due terzi dei russi aveva affermato di non essere preoccupato dalle misure occidentali.

I leader europei vogliono le garanzie di sicurezza
Telegiornale 19.08.2025, 20:00
Sistema stabile
Alla luce della stabilità sostanziale del sistema economico, dipendente in larga parte dalle esportazioni di idrocarburi, gas e petrolio, sanzionati per nulla o in maniera limitata da USAe UE, non sorprendono quindi i numeri sulla popolarità di Putin, negli ultimi tre anni sempre sopra la soglia dell’80% di gradimento (86% a luglio). Per il 69% dei russi il paese si sta muovendo nella direzione giusta, per il 17% in quella sbagliata. Se in parte le percentuali sono riconducibili alla propaganda interna, è però chiaro come venga rispecchiata l’attuale situazione reale, che la stragrande percentuale della popolazione percepisce in maniera positiva. Anche dal punto di vista politico, dopo i turbolenti giorni della rivolta di Evgeny Prigozhin nel giugno del 2023 e la morte del capo della compagnia Wagner esattamente due anni fa, l’architettura putiniana continua a dimostrarsi solida, a dispetto delle previsioni e delle speranze dei vari schieramenti in Occidente.
Questo scenario, unito a quello militare in cui le truppe russe continuano ad avanzare nel Donbass, seppur gradualmente, contrasta in maniera evidente con quello schizofrenico dipinto a Bruxelles e nelle cancellerie europee, di una Russia da una parte sempre più indebolita e vicina al baratro e di Putin dall’altra che vuole proseguire il conflitto rifiutando la pace. Il prezzo della guerra è per Mosca senz’altro alto, soprattutto quello relativo alle forze militari, con il numero delle vittime molto elevato, nell’ordine delle centinaia di migliaia e tenuto, come a Kiev, segreto; le risorse del Cremlino sono in ogni caso maggiori di quelle dell’Ucraina, appoggiata per ora in maniera insufficiente e altalenante da USA e UW, sempre caute per evitare una pericolosa escalation diretta; la società e l’economia russa hanno superato i 42 mesi di guerra senza eccessive turbolenze e il paese ha complessivamente risentito in maniera relativa degli effetti dell’operazione militare in Ucraina. Nel futuro prossimo non vi sono avvisaglie di grandi mutamenti interni e in assenza di quelli esterni, con la linea zigzagante tra Washington e Bruxelles e il resto del mondo, tra Cina e Grande sud, dalla parte della Russia, Mosca continuerà ad avere due opzioni, quella di cercare di imporre la pace alle proprie condizioni, o quella di continuare il conflitto.