Analisi

La violenza dilaga in Brasile e le gang sono sempre molto potenti

La maxi operazione di martedi a Rio, contro il “Comando Vermelho”, è stata la più violenta della storia e alimenta una battaglia anche politica

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Retata a Rio, 64 morti

Telegiornale 29.10.2025, 12:30

  • Keystone
Di: Emiliano Guanella, collaboratore RSI dal Sud America

“Il Brasile sta vivendo una situazione di conflitto interno peggiore della Colombia delle Farc e di Pablo Escobar. È una guerra, ma nessuno capisce la reale dimensione del problema”. La dichiarazione è di Rodrigo Pimentel, ex capitano del BOPE, il battaglione di operazioni speciali della polizia di Rio de Janeiro, che ha ispirato il celebre film del 2007 “Tropa de elite – gli squadroni della morte” di José Padilha, ritratto quanto mai attuale della violenza che attraversa il maggior paese sudamericano.

La maxioperazione della polizia di Rio di ieri è stata la più violenta della storia, con un bilancio ancora provvisorio di 64 morti, tra cui 4 agenti e 60 presunti appartenenti all’organizzazione “Comando Vermelho”, la più potente della città. Un giorno di guerra, con i criminali che hanno lanciato bombe con i droni, inseguimenti e sparatorie nei vicoli delle gigantesche favelas della Penha e dell’Alemão e gran parte della metropoli bloccata. I delinquenti hanno sequestrato decine di autobus che sono stati messi di traverso e incendiati per bloccare le principali vie di comunicazione, moltissimi pendolari sono rimasti bloccati per ore, negozi ed uffici sono stati chiusi per timori di attacchi.

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Martedì a Rio de Janeiro

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Oggi la città di sette milioni di abitanti si è svegliata paralizzata con le scuole, gli enti pubblici e numerose istituzioni che hanno deciso di non aprire per non mettere a repentaglio la vita di studenti e lavoratori.

Il governatore di Rio Claudio Castro accusa il governo del presidente Lula da Silva. “Non ci aiutano, non possiamo usare carri armati e non contiamo sulla logistica delle forze armate che sarebbe molto utile per affrontare il nemico”. Il ministro della giustizia Lewandowski ha respinto le accuse, ricordando che la Costituzione brasiliana stabilisce che la competenza dell’ordine pubblico è dei singoli Stati e che l’intervento delle truppe federali è lecito solo con un decreto straordinario, che deve essere promulgato dal Presidente e ratificato dal Parlamento.

La battaglia è tutta politica, visto che Castro è un fedele alleato dell’ex presidente Bolsonaro. Ed è proprio in questo scontro ideologico che si consuma il dramma della violenza in Brasile. La destra promuove pratiche di mano dura e tolleranza zero, il lemma diffuso è “Bandido bom é bandido morto”, il buon delinquente è quello morto, ma è chiaro che una politica di sola repressione non basta. Negli ultimi cinque anni solo a Rio de Janeiro la polizia ha ucciso in conflitto a fuoco 1’886 persone, un morto al giorno, ma le gang sono ancora molto forti.

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Martedì a Rio de Janeiro

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Il Comando Vermelho di Rio e il PCC (Primeiro comando da capital) di San Paolo hanno degli eserciti con migliaia di uomini, grandi risorse finanziarie e militari. Lo stesso Pimentel fa notare che, come nella Colombia dell’epoca di Pablo Escobar, le gang dominano completamente il territorio. Secondo uno studio recente del IBGE, l’istituto statistico ufficiale, il 14% dei brasiliani vive in regioni controllate direttamente dai gruppi criminali, dove la polizia e lo Stato non possono entrare.

La sinistra brasiliana promuove azioni sociali per recuperare piano a piano la presenza pubblica nelle zone di conflitto. Ma si arriva ad eccessi come la polemica frase pronunciata da Lula pochi giorni fa, parlando del problema del narcotraffico. “La domanda di droga esiste perché c’è richiesta. Lo spacciatore, in realtà, è una vittima del consumatore e non il contrario”.

Stretto tra la voglia di mano dura e le strategie più soft, il Brasile soffre, con 39’000 morti ammazzati all’anno (dati 2024). E non sembrano esserci soluzioni magiche all’orizzonte.

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