Il Messico affronta in questi giorni una delle crisi idroclimatiche più gravi degli ultimi anni. Piogge torrenziali portate dall’uragano Priscilla, in combinazione con la depressione tropicale Raymond, si sono abbattute per 60 ore consecutive su tutto il Paese, provocando inondazioni e frane, con un impatto devastante nelle zone centrali. Si contano 41 morti, mentre si continuano a cercare 27 dispersi.
Le autorità hanno segnalato oltre 320’000 abitazioni colpite da blackout elettrici, più di 1’000 chilometri di strade sono stati danneggiati, con oltre 100 ancora completamente interrotti. Le operazioni di emergenza proseguono, ma la portata dell’evento mette sotto pressione il sistema di protezione civile e solleva interrogativi urgenti sulla capacità del Paese di affrontare eventi estremi che si fanno sempre più frequenti.
Sono scene che ricordano altri episodi recenti, come la drammatica esondazione del fiume Tula nel 2021, che trasportava acque reflue provenienti dal sistema di drenaggio di Città del Messico. Il disastro ha provocato almeno 17 morti e ha costretto oltre 70’000 persone ad abbandonare le proprie case. Ma l’attuale crisi sembra inserirsi in un quadro più ampio, strutturale, dove la crisi climatica agisce da moltiplicatore di vulnerabilità.

Ingenti danni materiali
Temperature in aumento, più della media globale
Il riscaldamento globale colpisce il Messico con una forza superiore rispetto alla media mondiale. Secondo dati della Universidad Nacional Autónoma de México, la temperatura nel Paese è aumentata di 1,8°C dal periodo preindustriale a oggi, e la velocità del riscaldamento, 3,2°C per secolo, è nettamente superiore alla media globale.
Questo riscaldamento accelerato ha effetti drammatici. Si alterano i cicli delle piogge, aumentano le siccità e le alluvioni, si intensificano gli uragani e diminuiscono le riserve idriche. Le zone costiere del Golfo del Messico sono tra le più colpite dall’innalzamento del livello del mare e dalla tropicalizzazione del clima, con impatti crescenti sull’agricoltura, sulla biodiversità e sulla sicurezza alimentare. Anche le aree interne non sono risparmiate, soprattutto laddove le infrastrutture non sono adeguate o le popolazioni vivono in condizioni di fragilità socioeconomica.
Le conseguenze del cambiamento climatico in Messico non si distribuiscono in modo uniforme. Le comunità rurali, indigene o costiere sono le più esposte e le meno attrezzate per rispondere alle emergenze. La vulnerabilità sociale si intreccia con quella ambientale, aggravando le disuguaglianze preesistenti. In questo contesto, emerge l’urgenza di una politica climatica non solo reattiva, ma strutturale, capace di promuovere l’adattamento e la resilienza dei territori più fragili.

Zone sommerse
Eventi estremi in aree dove non c’erano prima
Il problema non è solo l’aumento dell’intensità degli eventi estremi, ma anche il fatto che si verificano in aree dove, storicamente, erano rari o assenti. È il caso di Acapulco, duramente colpita nell’ottobre 2023 dall’uragano Otis. In sole nove ore, il sistema si è intensificato fino a diventare un uragano di categoria 5, abbattendosi sulla costa pacifica con una forza senza precedenti. Il bilancio è stato drammatico: 47 morti, 32 dispersi e 15 miliardi di dollari in danni. Otis è stato l’evento climatico più costoso del 2023 a livello globale e ha rappresentato un punto di svolta nella percezione del rischio climatico in Messico.
Occhi puntati sulla presidente Sheinbaum
A fronte di questo scenario drammatico, lo sguardo è rivolto alla presidente Claudia Sheinbaum, che avrebbe tutte le carte per diventare una green leader. Scienziata e accademica, è specializzata in energia e cambiamenti climatici. Partecipò al comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, che nel 2007 vinse il Nobel per la Pace insieme ad Al Gore per «i loro sforzi per costruire e diffondere una conoscenza maggiore sui cambiamenti climatici provocati dall’uomo e per porre le basi per le misure necessarie a contrastare tali cambiamenti». Ma la sua preparazione si scontra con la realtà politica del partito a cui appartiene e del suo fondatore, l’ex presidente Andrés Manuel López Obrador, sostenitore convinto delle fonti fossili, che bloccò anche gli investimenti nelle tecnologie verdi.
Sheinbaum ha appena concluso il suo primo anno di mandato presidenziale, molto può ancora succedere nei cinque che le rimangono. La sua amministrazione, tra l’altro, ha nominato come Ministra dell’Ambiente Alicia Bárcenas, figura di alto profilo con solide credenziali scientifiche e diplomatiche. Ad oggi, però, se il discorso pubblico si orienta verso la transizione verde, le politiche energetiche continuano a favorire l’estrazione e la combustione di idrocarburi.
Se da una parte i dati scientifici e le emergenze ambientali spingono verso una trasformazione urgente del modello di sviluppo, dall’altra, la realtà economica e politica frena il cambiamento strutturale, inserendosi in un preoccupante contesto globale di raffreddamento degli impegni ambientali.

TG Notte
Telegiornale 12.10.2025, 22:40