Una cinquantina - 51 per la precisione - dei 303 allievi rapiti insieme a 12 docenti la settimana scorsa da una scuola cattolica della Nigeria nordoccidentale, sono riusciti a sfuggire ai loro sequestratori e a rientrare a casa nel corso del weekend.
“Abbiamo potuto tirare un sospiro di sollievo. Il numero dei rapiti si è ridotto. Continuiamo a pregare, sperando che tutti i bambini vengano salvati e restituiti sani e salvi ai loro genitori”, ha dichiarato Daniel Atori, portavoce della St. Mary’s School di Papiri, che dista 600 chilometri circa dalla capitale Abuja. Gli allievi hanno fra gli 8 e i 18 anni.
Nel Paese però la paura rimane forte e con essa la rabbia nei confronti del Governo: “Purtroppo in Nigeria se sei povero sei senza volto, senza nome e senza voce. Se vedete, la maggior parte di questi attacchi avviene nelle scuole frequentate dai meno ricchi”, secondo Aisha Yesufu, attivista per i diritti umani.
Il fenomeno dei rapimenti (conosciutissimo è quello a opera del movimento islamico Boko Haram a Chibok nel 2014) si sta nuovamente intensificando nella regione, dove lo Stato centrale combatte a fatica una ribellione a carattere jihadista. La settimana scorsa erano stati presi d’assalto anche un liceo dello Stato di Kebbi, dove sono state sequestrate 25 ragazze (una delle quali nel frattempo fuggita) e poi una chiesa di Eruku, dove si erano registrati due morti e 38 rapiti, poi liberati dalle forze di sicurezza.
Il presidente Bola Ahmed Adekunle Tinubu ha cancellato per questo i suoi appuntamenti all’estero, fra cui la partecipazione al G20 di Johannesburg. Le autorità hanno inoltre deciso la chiusura di numerose scuole. Abuja nega qualsiasi forma di persecuzione religiosa sistematica. La Nigeria, il Paese più popoloso dell’Africa (250 milioni di abitanti) è diviso in maniera quasi uguale fra un nord a prevalenza musulmana e un sud a maggioranza cristiana.




