Aveva 29 anni e i baffoni neri lo “zio” (in curdo “Apo”) Abdullah Öcalan quando alla testa di un gruppo di studenti fonda il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK). Oggi di anni ne ha 76 e, nonostante dal 1999 sia incarcerato in regime di massima sicurezza, incarna ancora l’organizzazione militante curda di cui il 12esimo congresso, tenutosi nel nord dell’Iraq, ha annunciato questo lunedì la dissoluzione.
Era il 27 novembre del 1978 quando “Apo” e una ventina di giovani si trovarono a Fis, un villaggio vicino a Lice, in Turchia, per quello che è l’atto di nascita del PKK. Anche l’atto di “morte” porta la firma del suo storico leader che lo scorso 27 febbraio, dal carcere sull’isola di Imrali, dove la Turchia lo tiene sotto chiave da 26 anni, aveva esortato il partito a deporre le armi e a sciogliersi.
Ma chi è Abdullah Öcalan? Figlio di contadini, nasce il 4 aprile 1949 nel villaggio di Ömerli, al confine con la Siria. Mentre studia scienze politiche nella capitale Ankara entra in contatto con l’estrema sinistra, una militanza che lo porta una prima volta in prigione nel 1972. L’ideologia marxista-leninista è la tela di fondo su cui viene fondato lo stesso PKK che all’inizio era un’organizzazione maoista che aveva come obiettivo la creazione di uno Stato indipendente per i curdi. Una popolazione, quella curda, che oggi in Turchia è stimata tra i 14 e i 20 milioni di persone (quasi la metà dei 30-40 milioni di curdi nel mondo, il cui rimanente vive soprattutto in Iran, Iraq e Siria, oltre a una consistente presenza in Germania).
A spingere i membri del PKK verso la clandestinità prima e la lotta armata poi è il colpo di stato orchestrato nel settembre 1980 dal generale turco Kenan Evren. La giunta militare, che sarà al potere in Turchia nei successivi tre anni, impone il divieto della lingua e della cultura curda. Il tentativo di integrazione forzata della più numerosa minoranza etnica spinge l’organizzazione antagonista a intensificare le sue attività militari. Il terreno di scontro sono le regioni sud-orientali della Turchia dove è concentrata la popolazione curda. Il PKK ha tuttavia anche basi operative nel nord dell’Iraq, in particolare nelle montagne di Qandil. Sono queste le aree montuose che offrono un rifugio sicuro e difficile da debellare per le operazioni militari turche.
Una catena di 40’000 morti
C’è anche un inizio per la catena di morti, oltre 40’000 la cifra stimata, del conflitto che insanguinerà la Turchia per 40 anni. È il 15 agosto 1984 quando il PKK lancia il suo primo attacco contro una gendarmeria a Eruh. Nell’azione, condotta da Mahsum Korkmaz, detto “Agit”, il fondatore dell’ala militare dell’organizzazione, muore un soldato e altri sei restano feriti, oltre a tre civili. Nei quattro decenni successivi la guerriglia, che può rapidamente contare su un vasto sostegno popolare, mette a segno più di 10’000 attentati contro obiettivi militari, governativi e civili.
Solo per limitarsi ai più sanguinosi, tra gli attentati attribuiti al PKK, spicca quello del marzo 2016 ad Ankara dove un’autobomba esplode vicino alla stazione degli autobus provocando 37 morti e oltre 120 feriti. Sempre l’esplosione di un ordigno, a Istanbul nel giugno 2016, causa 11 morti e 36 feriti. Una catena continuata sino ai tempi più recenti quando il 24 ottobre 2024 ad Ankara un attacco armato vicino alla sede della Società aerospaziale turca lascia sul terreno 5 morti e 22 feriti.
Lo scontro armato spinge ben presto lo stesso Öcalan a fuggire dalla Turchia. Per vent’anni il leader del PKK sceglie la via dell’esilio, prima nel 1980 in Siria, quindi in Libano, nella piana della Bekaa, allora sotto controllo siriano, dove stabilì il suo quartier generale.
Nel frattempo attacchi per la causa curda sono accolti da una feroce repressione da parte del governo di Ankara. Il sud-est del Paese è gradualmente sprofondato in uno stato di guerra civile contro il PKK che viene etichettato come organizzazione “terrorista” dalla Turchia, ma anche da Stati Uniti e Unione Europea.
Costretto a lasciare la Siria nel 1998, sotto le pressioni della Turchia, Öcalan ha girato per tutta l’Europa (in Italia chiede asilo politico che gli viene rifiutato) prima di essere catturato nel febbraio 1999 dai servizi segreti turchi sulla soglia dell’ambasciata greca a Nairobi, in Kenya. Riportato in Turchia, è stato condannato a morte, pena commutata in ergastolo quando la pena di morte è stata abolita nel 2002.
L’isolamento e i messaggi del leader dal carcere
Imprigionadolo su un’isola, in un isolamento a metà strada tra Mandela e il conte di Montecristo, Ankara credeva di aver decapitato il PKK. Ma anche in isolamento, “Apo” ha continuato a guidare il suo movimento, impartendo istruzioni ai suoi visitatori in carcere, nonostante avesse perso il comando militare, essendosi rifugiato in Iraq.
È stato lui a ordinare per due volte, all’inizio degli anni 2000 e di nuovo nel 2013, un cessate il fuoco unilaterale. Sempre lui ha ordinato al movimento di abbandonare l’idea di uno Stato curdo indipendente e di fare campagna per l’autonomia politica all’interno della Turchia, dove si stima che i curdi rappresentino un quinto degli 85 milioni di abitanti del Paese.
Nel 2015, dopo due anni di pacificazione e di negoziati con Ankara sui diritti culturali e sulla rappresentanza politica dei curdi, il conflitto riprende nel sud-est della Turchia, a maggioranza curda, devastando in particolare la città vecchia di Diyarbakir.
L’anno successivo, lo stesso Öcalan deplora il fatto che “così tante persone (fossero) morte”, soprattutto giovani, in “una guerra in cui nessuna parte può vincere”, secondo suo fratello Mehmet.
L’odierna decisione di scioglimento è stata definita un “punto di svolta” dall’AKP, il partito del presidente Recep Tayyp Erdogan, anche se la stessa presidenza turca ha escluso l’ipotesi di un’autonomia regionale curda. Dovrebbero invece essere mitigate le condizioni di detenzione del leader del PKK, ma è improbabile che possa riacquistare la piena libertà. Secondo un funzionario del partito al governo, “Öcalan stesso ha detto di non voler lasciare Imrali. Sa che avrà un problema di sicurezza quando se ne andrà”.

Il PKK annuncia la dissoluzione
Telegiornale 12.05.2025, 12:30