La metropoli brasiliana di San Paolo, 12 milioni di abitanti, ha scelto la tecnologia come arma principale contro la criminalità. La rete di sorveglianza Smart Sampa integra oltre 25’000 telecamere in grado di identificare in pochi minuti persone ricercate, segnando un cambiamento profondo nel modo in cui la città vive la sicurezza.
Nella centrale operativa, il sindaco Ricardo Nunes mostra con orgoglio il sistema: “Oggi abbiamo 25’000 telecamere integrate per vigilare tutta la città. È un gigantesco ‘Grande Fratello’!” Il primo bilancio, spiega intervistato in un reportage trasmesso da Falò, è positivo: “In meno di sei mesi abbiamo arrestato quasi mille persone che erano state condannate e si trovavano a piede libero.”
Gli agenti confermano l’efficacia del sistema. Cirano Silva Mariz racconta alla RSI una cattura avvenuta poche ore prima: “Il sistema ha dato l’allarme e dopo pochi minuti la nostra volante è giunta sul posto.” L’uomo era ricercato per traffico di stupefacenti e rapina.
Una spirale di controllo e paura?
Ma l’estensione del controllo solleva timori sempre più forti. La città è sorvolata da droni, monitorata da telecamere private integrate nel sistema pubblico e persino da un cane robot che riprende i passanti. Le associazioni per i diritti civili denunciano errori e discriminazioni. L’avvocata Carolina Diniz afferma: “Un poliziotto è stato confuso con un’altra persona, un pensionato scambiato per un condannato per stupro. Il Municipio diffonde solo i casi positivi.” E avverte: “Gli algoritmi confondono molto di più persone di origini africane o transessuali.”
Il comune replica che un arresto scatta solo con una compatibilità facciale del 92%, mentre parte della popolazione sembra disposta a sacrificare una quota di privacy. Il sociologo Alan Fernandes osserva per parte sue che: “Mossi dalla paura della criminalità, i brasiliani permettono che il loro volto sia identificato. Ma servono garanzie legali, compresa la privacy.”
Le telecamere hanno anche contribuito a risolvere casi che hanno indignato l’opinione pubblica, come l’omicidio del ciclista Vitor Medrado. “È assurdo perdere un amico per una cosa così futile,” dice l’istruttore Robson Metz, favorevole alla tecnologia: “Non si possono mettere poliziotti ovunque.”
Ma per altri la città è entrata in una spirale di controllo e paura. “Usare l’intelligenza artificiale per vigilare tutto e tutti è come usare un bazooka per uccidere una mosca,” critica l’analista informatico Vinicius Silva.
Il sindaco Nunes respinge le accuse affidandosi alla legge brasiliana sulla protezione dei dati: “Chi mette in dubbio il nostro lavoro è mal informato o fa il gioco dei delinquenti.”
Il dibattito resta aperto: dove si colloca oggi il confine tra sicurezza collettiva e libertà individuale? Una domanda che va ben oltre San Paolo.









