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Una storia di abusi e impunità, ma anche di speranza

Paola Ugaz e Pedro Salinas hanno scoperchiato un importante caso di abusi legato a un movimento ecclesiale peruviano, ma le vittime attendono giustizia. Leone XIV da vescovo li difese e appoggiò: ora potrà cambiare le cose?

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SEIDISERA del 18.05.2025: il servizio di Anna Valenti

RSI Info 19.05.2025, 09:00

  • REUTERS
Di: Anna Valenti, corrispondente RSI a Roma

“Questa è una storia di impunità. Il mio Paese sta al fianco dei colpevoli, tutto il sistema peruviano contribuisce a coprire gli abusatori e a opprimere le vittime. Non si arriva mai ad avere giustizia”. Parole amare, lapidarie, quelle di Paola Ugaz, giornalista d’inchiesta peruviana che insieme a Pedro Salinas ha scoperchiato un grave caso di abusi sessuali legati ad ambienti vicino alla Chiesa. Protagonista, il Sodalizio di vita cristiana, il più grande movimento ecclesiale peruviano, nato a inizio anni ’70 fondato dal teologo Luis Fernando Figari, riconosciuto ufficialmente nel 1997 da Papa Giovanni Paolo II e ufficialmente sciolto da Papa Francesco il 14 aprile 2025, una settimana prima di morire, proprio per i gravi abusi emersi da parte del fondatore così come altri pezzi grossi dell’organizzazione.

“Il Sodalizio di vita cristiana è un gruppo molto potente, vi fanno parte figli di imprenditori e politici, un gruppo che ha molti soldi e amici importanti. Il Sodalizio possiede molti immobili, ha cimiteri di loro proprietà, con questi si arricchiscono. Il movimento ha caratteristiche settarie. Al suo interno ci sono stati molti abusi, sia di potere che sessuali”, spiega Paola Uzgal ai microfoni della RSI. È stato il libro pubblicato nel 2015 con Pedro Salinas “Mitad Monjas, mitad Soldados” a far emergere con forza questa realtà, fatta anche di giri sotterranei di soldi, di espropriazioni illegali di terre indios. Anche Pedro è stato vittima di abusi. I due giornalisti avevano raccolto una trentina di testimonianze, ma dopo la pubblicazione del libro scoprono che è solo la punta dell’iceberg.

“Noi parlavamo di 30 casi, come accaduto con il caso Spotlight di Boston, poi la gente ci contattava per denunciare altri casi: sono emerse migliaia di vittime. Di cui noi abbiamo fatto fatica a parlare perché come freelance non avevamo dietro una testata come il Boston Globe. Non sono stati molti ad aiutarci a pubblicare e rendere pubblici questi nuovi abusi”.

E soprattutto inizia la macchina del fango nei confronti di Paola e Pedro e la loro persecuzione anche giudiziaria. Tutto parte dalla visita di Papa Francesco in Perù nel 2017. I due giornalisti lo criticano fortemente per avere incontrato l’arcivescovo di Piura José Antonio Eguren, membro molto importante del Sodalizio, accusato da loro di insabbiamenti. Il prelato denuncia i due per diffamazione. Pedro nel 2018 viene condannato al pagamento di una multa. Ma i due giornalisti incassano il sostegno dell’allora Nunzio apostolico Nicola Girasoli e tre altri vescovi, tra cui Robert Francis Prevost. Attraverso loro, Francesco viene a conoscenza della storia e chiede a Eguren un passo indietro: non si perseguono giornalisti che indagano sugli abusi, è il messaggio.

Tuttavia, le cose non cambiano.

“Papa Francesco è morto, ora c’è Papa Leone XIV, cambiano i pontefici ma la realtà in Perù rimane la stessa. A giugno Pedro dovrà affrontare un processo infondato in cui rischia 11 anni di carcere. Io ho tre procedimenti aperti da affrontare presso la Procura. La sola cosa buona è che ora abbiamo il sostegno internazionale, senza il quale saremmo già in prigione - Racconta ancora Paola Ugaz ai nostri microfoni - Il mio Paese schiaccia le vittime e favorisce gli aguzzini. C’è molta pressione sulle famiglie e sugli amici affinché le denunce vengano ritirate. A differenza di quanto accaduto in Irlanda o negli Stati Uniti, dove la rivelazione degli abusi ha prodotto cambiamenti, ad esempio che un bambino non rimanga mai più solo con un insegnante o un prete. In Perù non è cambiato nulla. Lo Stato si è girato dall’altra parte. Chi denuncia ha una vita molto difficile.”

Anche Papa Leone XIV, sottolinea Paola Ugaz, è vittima di notizie false costruite ad arte. L’accusa di avere coperto o non aver fatto abbastanza per alcune suore abusate da sacerdoti secondo Paola e Pedro è una mossa del Sodalizio per ostacolare la sua elezione e oggi minare la sua credibilità. Le chiediamo se quella sciarpa peruviana che Papa Prevost si è lasciato mettere al collo e quel selfie fatto davanti ai giornalisti del mondo, fosse una sorta di scudo protettivo che stava fornendo ai due giornalisti. “Io lo vedo più come un segno importantissimo di protezione ai giornalisti perseguitati, vittima di una macchina vendicativa basata su menzogne e false notizie”, risponde.

Cosa aspettarsi dunque per il futuro: Papa Leone XIV sarà più severo e darà un’ulteriore stretta alle norme sugli abusi? “Sicuramente continuerà il cammino tracciato da Francesco sul tema, ribadirà la tolleranza zero sugli abusi, scontrandosi contro molti muri spessi. Ma la sfida che lo attende sarà più grande, anzi immensa: perché dovrà stabilire nuove politiche. E non solo in Perù, America Latina, ma in Africa, Asia, in luoghi dove la parola ABUSI non esiste nemmeno nella lingua. Nutro grandi speranze nei suoi confronti, è un uomo straordinario, sa ascoltare è empatico. Ho visto come tratta le vittime distrutte. Ho visto il grande aiuto e appoggio che ci ha dato. Inoltre credo che Papa Prevost sia uno stratega, un matematico, molto paziente, razionale. Sono sicura lui potrà portare un cambiamento in questa storia”.

Ma in che modo? “Il suo vantaggio è che ha conosciuto la sofferenza e la corruzione del suo popolo, ma ha conosciuto da vicino anche la Curia romana; dunque conosce il peggio e il meglio, perciò sarà in grado di muoversi correttamente. Lui sa su quale terreno sta camminando. Ha imparato molto da Francesco”.

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Il Perù deve rispondere ai casi di abusi sessuali su minori

SEIDISERA 24.06.2024, 18:35

  • Keystone
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