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Vivere “secondo natura”, utopia o distopia?

Una famiglia che vive isolata nel bosco riporta al centro del dibattito la tensione tra natura e civiltà: il commento dell’antropologo Marino Niola

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Italia, bambini allontanati dalla famiglia

SEIDISERA 26.11.2025, 18:00

  • Keystone
Di: SEIDISERA-Francesca Torrani/LP 

Negli ultimi giorni in Italia sta facendo molto discutere una vicenda familiare. Al centro del caso c’è una coppia anglo-australiana che vive in un bosco vicino a Chieti, in Abruzzo, con i tre figli: una bambina di otto anni e due gemelli di sei. La famiglia risiede in un casolare privo di elettricità e acqua corrente, senza contatti regolari con l’esterno e con istruzione impartita in casa. Dopo una segnalazione da parte dei carabinieri a seguito di un’intossicazione da funghi, i bambini sono stati allontanati in via temporanea dal Tribunale dei minori dell’Aquila, che ha ritenuto inadeguate le condizioni di vita della famiglia e l’assenza di controlli pediatrici.

Una vicenda che ha riacceso un tema più ampio, sotterraneo ma ricorrente nella nostra cultura: il rapporto tra natura, società e l’idea di una vita “autentica”.

Il mito dell’allontanamento dalla natura attraversa da secoli l’immaginario occidentale. Il quadro è di Thomas Cole, “La cacciata dal Giardino dell'Eden” (1828).

Il mito dell’allontanamento dalla natura attraversa da secoli l’immaginario occidentale. Il quadro è di Thomas Cole, “La cacciata dal Giardino dell'Eden” (1828).

“Noi siamo figli della civiltà, ma proprio per questo sogniamo continuamente uno stato diverso, anteriore alla civiltà: la natura”, spiega l’antropologo Marino Niola intervenuto ai microfoni di SEIDISERA. Il mondo naturale appare come un luogo “dove potremmo essere migliori”, ma in realtà, afferma, “è una fuga da noi stessi”.

Si tratta di un dibattito che accompagna il pensiero occidentale da secoli. È il grande tema “del rapporto fra l’uomo, la società e la natura: chi ci migliora e chi ci peggiora”, osserva Niola. Jean-Jacques Rousseau, ad esempio, sosteneva nel XVIII secolo che “tutto ciò che esce dalle mani del Creatore è buono; nella società e nella civiltà peggiora tutto”. La natura diventa così “il polo della purezza, dell’autenticità, della bontà originaria”.

Questo filone non si è mai esaurito. “Non è un caso che negli anni Sessanta del Novecento, sotto la spinta della contestazione e della controcultura, nascano pensieri e autori come Ivan Illich”, osserva Niola. Illich, ricorda, scrive “Descolarizzare la società”, “vuol dire togliere i ragazzini dalla scuola, vuol dire affidarli di nuovo alla natura, in un certo senso, cioè eliminare quegli elementi che la civiltà ti passa insieme al progresso e ai suoi vantaggi; ti passa anche i suoi veleni”.

E se quel sogno si realizzasse davvero? Niola invita alla prudenza: “Se questa utopia diventasse realtà sarebbe una distopia spaventosa. In pochi giorni vorremmo di nuovo la connessione permanente. Queste cose funzionano solo se restano in una sfera che non è quella reale, ma è in un sogno, una proiezione che facciamo noi”.

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