Non solo colesterolo buono e cattivo. Dallo scorso agosto sono cambiate le linee guida europee sui fattori di rischio cardiovascolare, che ora comprendono anche la lipoproteina(a), abbreviata anche con Lp(a).
Ma che cos’è esattamente questo componente del colesterolo e perché negli ultimi mesi se ne parla molto più che in passato? Per vederci chiaro ci siamo rivolti al cardiologo ticinese Mauro Capoferri, attivo all’OBV di Mendrisio e consulente per la Clinica luganese Moncucco, oltre che presidente del Gruppo cardiologi ticinesi. E si parte da un consiglio, o meglio raccomandazione: “Tutti dovrebbero misurare i valori di lipoproteina(a) almeno una volta nella vita dopo i 40 anni”.
Partiamo però dal principio: dottor Capoferri, che cos’è la lipoproteina(a) e qual è il suo ruolo?
“La lipoproteina(a) fa parte di quello che comunemente viene considerato il colesterolo. È un complesso di lipidi e proteine che circola nel nostro corpo, trasportando il colesterolo, una sostanza estremamente importante per tante funzioni cellulari del nostro organismo. Si può paragonare a degli autocarri che trasportano il colesterolo nel sangue. I più conosciuti in questo senso sono sicuramente la HDL e la LDL, anche conosciute comunemente come colesterolo buono e colesterolo cattivo”.
Quali sono le cause e quali rischi comportano livelli troppo elevati di lipoproteina(a)?
“Purtroppo le cause sono prevalentemente genetiche, quindi difficilmente influenzabili con lo stile di vita o l’alimentazione. Quando il valore di lipoproteina(a) è alto, il colesterolo che essa contiene tende maggiormente ad accumularsi nelle arterie, provocando restringimenti o addirittura chiusure, con conseguente rischio di infarto o ictus. La lipoproteina(a) è considerata anche più ‘cattiva’ del colesterolo LDL tradizionale – quello che appunto chiamiamo colesterolo cattivo – perché è un po’ come un autotrasportatore inaffidabile che perde per strada il suo carico di colesterolo”.
Qual è l’incidenza di livelli elevati di lipoproteina(a) nella popolazione?
“Le percentuali variano a seconda degli studi e delle popolazioni considerate. Si parla di un 20-25%, ma è importante concentrarsi sul singolo paziente piuttosto che sulle statistiche generali. Inoltre, bisogna considerare di quanto il valore supera la soglia considerata normale, che è di 50 microgrammi su decilitro o 105 nanomoli su litro, a dipendenza dell’unità di misura che si considera. Insomma, ha poco senso fare medicina sui numeri statistici, anche perché altrimenti si rischierebbe di sovracurare alcuni pazienti e sottocurarne altri”.
Perché c’è stato un cambiamento nelle linee guida europee riguardo alla lipoproteina(a)?
“Ci sono due motivi principali. Per prima cosa, si conoscono sempre meglio i meccanismi dell’arteriosclerosi e ci si è accorti che, nonostante il controllo del colesterolo LDL, gli infarti continuano a verificarsi. In questo senso la Lp(a) si va certamente ad aggiungere come fattore di rischio. Secondariamente, all’orizzonte ci sono nuovi farmaci che potrebbero interferire con la lipoproteina(a) riducendola, la sua misurazione diventa quindi più importante”.
A questo proposito, al momento non c’è ancora un farmaco apposito, ma gli studi sono avanzati e si prevede che potrebbero arrivare delle terapie già nel corso del 2026… È così?
“In realtà non è vero che non c’è ancora niente, perché gli anticorpi che noi usiamo già ora per abbassare il colesterolo classico nei pazienti che non tollerano le statine (farmaci che abbassano il colesterolo, ndr) vanno ad abbassare anche la Lp(a). Si tratta però di iniezioni molto costose e non è quindi accettata come indicazione quella di prescrivere questi anticorpi solo per i livelli di Lp(a). Però come diceva ci sono anche farmaci già in fase avanzata di studio e quindi la misurazione assume più importanza. Qualcuno a questo proposito potrebbe pensare malignamente che visto che ci sono farmaci in arrivo, ecco che spunta la raccomandazione di misurare la Lp(a) come nuovo fattore di rischio. In realtà questo fattore di rischio è ampiamente documentato da tempo, non è un’invenzione, ma proprio perché si prospettano possibilità terapeutiche cambiano le raccomandazioni”.
Come funziona il test per rilevare i livelli di lipoproteina(a)?
“È un semplice esame del sangue che si può fare insieme al normale profilo lipidico. Non è particolarmente costoso e può essere eseguito in qualsiasi laboratorio. Si consiglia di farlo almeno una volta nella vita, specialmente dopo i 40 anni”.
Qual è l’approccio consigliato una volta misurata la lipoproteina(a)?
“È fondamentale interpretare il risultato nel contesto generale del paziente. Non bisogna né sottovalutare né sopravvalutare il rischio. L’approccio moderno prevede una medicina “smart”, dove medico e paziente creano un’alleanza terapeutica, condividendo la scelta del trattamento in base ai pro e contro e alle preferenze individuali”.

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