Fulmini, incendi devastanti, eruzioni vulcaniche: queste forze impetuose della natura devono essere state terrificanti agli occhi dei nostri antenati. Fenomeni che, anche se spaventosi, hanno portato con sé la scoperta di una forza naturale che ha rivoluzionato la nostra evoluzione: il fuoco.
I suoi benefici oggi ci sembrano scontati e per certi versi superflui, ma per chi ci ha preceduto sono stati a dir poco straordinari. Il fuoco protegge dai predatori, è in grado di scaldare l’ambiente, illumina gli spazi e, soprattutto, se a contatto il cibo crudo, gli conferisce un gusto decisamente migliore.
Per questo i cacciatori – raccoglitori del più remoto passato si sono ingegnati per riuscire dapprima a sfruttare il fuoco di origine di naturale mantenendolo in vita, per poi scoprire che questo non solo poteva essere controllato, ma anche generato secondo necessità.
Le tecniche primitive di accensione del fuoco erano due: la prima, consisteva nello sfregamento di due legnetti per produrre calore e quindi combustione; la seconda, presa in esame da questa ricerca, consisteva nello sfregare l'uno contro l'altro selce e pirite di ferro per generare delle scintille su un materiale infiammabile
Se oggi sappiamo che i primi utilizzi del fuoco risalgono a un milione e mezzo di anni fa, le prove che ci riportano alle origini della prima accensione volontaria non sono mai state facili da interpretare e hanno generato un animato dibattito scientifico. Distinguere la combustione naturale da quella antropica non è infatti un’impresa semplice. Una nuova ricerca fornisce ora delle prove convincenti sul primo “accendino” della storia.
La scoperta britannica
Analizzando i sedimenti estratti dal sito archeologico di Barnham, nel sud dell’Inghilterra, un gruppo di ricercatori del British Museum ha rinvenuto delle schegge di pirite, un minerale che grazie allo sfregamento con la selce può generare scintille. Ad attirare l’attenzione dei ricercatori, è stato in particolare il fatto che questo minerale non fosse mai stato rinvenuto in questa zona.
Un primo indizio che, associato alla presenza sul sito di asce di selce deformate dal calore e di sedimenti esposti alle fiamme, lascia presupporre con un certo grado di certezza che in quel luogo sia stato ripetutamente e deliberatamente acceso un falò. I reperti erano sepolti sotto una superficie terrestre le cui caratteristiche geologiche hanno permesso una datazione a circa 400’000 anni fa.
https://rsi.cue.rsi.ch/cultura/societa/Il-fuoco-elemento-distruttivo-o-rigenerativo--2109510.html
Gli indizi sono sostenuti da ulteriori analisi geochimiche che confermerebbero l’accensione di fuochi artificiali in modo ripetuto. In primo luogo, le variazioni osservate nel geomagnetismo dei sedimenti circostanti suggeriscono un’esposizione reiterata al calore. A conferma di ciò, le analisi di spettroscopia a infrarossi mostrano che i sedimenti sono stati riscaldati a temperature molto elevate, in alcuni casi superiori ai 700 °C. Infine, la presenza di idrocarburi policiclici aromatici, composti che si formano tipicamente durante la combustione del legno, rafforza questa interpretazione.
La mano di Neanderthal
La datazione di questo focolare al Paleolitico inferiore comporta due implicazioni archeologiche di particolare rilievo. In primo luogo, la scoperta anticipa di circa 350’000 anni l’inizio dell’uso volontario e controllato del fuoco: fino a oggi, le evidenze scientifiche più accreditate collocavano un impiego regolare del fuoco attorno ai 50’000 anni fa.
La capacità di accendere il fuoco ha rappresentato una svolta fondamentale nell'evoluzione umana: ha aumentato la sopravvivenza in ambienti più difficili, ha coinciso con l'ingrandimento del cervello e ha contribuito allo sviluppo delle strutture sociali
In secondo luogo, essa dimostra che la capacità di accendere e gestire il fuoco non fu un’esclusiva della nostra specie, come a lungo si è ritenuto. Una datazione così antica attribuisce infatti questa competenza ai nostri parenti evolutivi, i Neanderthal, poiché circa 400’000 anni fa Homo sapiens non era ancora emerso come specie, e avrebbe raggiunto l’Europa solo 350’000 dopo.
Questi dati contribuiscono a rivedere l’immagine tradizionale dei Neanderthal come semplici “uomini delle caverne”, mostrando invece una specie dotata di capacità cognitive e sociali complesse e tecnologie avanzate.
https://rsi.cue.rsi.ch/cultura/storia/Neanderthal-un-mistero-che-ci-riguarda--3195762.html
Inoltre, il ruolo del fuoco nel creare uno spazio sicuro e condiviso attorno al quale si organizzava il gruppo sociale rafforza l’idea che il modo di relazionarsi all’ambiente e alla vita collettiva dei Neanderthal fosse, per molti aspetti, sorprendentemente vicino a quello di Homo sapiens. È attorno al fuoco che i nostri antenati hanno gettato le basi per il linguaggio e la narrazione, e questa ricerca apre nuove interessanti piste di ricerca finora inesplorate.
A tavola con la Storia
La storia infinita 04.11.2024, 20:40
RG 12:30 del 13.12.2025
RSI Info 13.12.2025, 12:30
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