Berna e Washington non hanno trovato un accordo e la mannaia dei dazi di Donald Trump si è abbattuta sulla Svizzera proprio nel giorno della festa nazionale. Dal 7 agosto i prodotti elvetici esportati verso gli Stati Uniti saranno colpiti da una tariffa del 39%. Con quali conseguenze? Il Radiogiornale della RSI ha girato la domanda a Marco Martino, responsabile per la Svizzera italiana di Economiesuisse.
Quanto e chi soffrirà di più, tra gli attori economici, per questi dazi?
“È un dazio che sicuramente fa molto male a tutta l’economia svizzera, non a qualcuno in particolare. Chiunque esporta negli Stati Uniti è sicuramente colpito duramente, ma anche chi lavora indirettamente, per esempio come fornitore, sarà colpito, così come proprio tutta l’economia elvetica. I dazi rappresentano uno svantaggio competitivo, specialmente nei confronti dei concorrenti. Pensiamo in particolare all’Europa che ha siglato un accordo molto più vantaggioso rispetto a quello che ha colpito la Svizzera e quindi ci saranno per forza delle conseguenze importanti in termini di competitività e investimenti che oggi sono comunque difficili da poter stimare. L’unica notizia positiva è forse quella che non dovrebbero essere inclusi i prodotti farmaceutici. Questo potrebbe essere comunque una notizia positiva per la Svizzera”.
Che conseguenze si possono immaginare per le singole aziende?
“Gli scenari sono sicuramente estremamente negativi, perché questi dazi costituiranno un duro colpo per tutta l’economia svizzera delle esportazioni. È difficile valutare se queste aziende riusciranno a rimanere competitive su questi mercati, ma noi ci aspettiamo perfino che alcune aziende decidano di abbandonare il mercato statunitense, cosa che peraltro avrebbe ripercussioni negative anche per l’economia americana stessa, dato che gli ingenti investimenti svizzeri negli USA creano circa 400’000 posti di lavoro”.
C’è qualcosa che rimproverate alla diplomazia svizzera o al Consiglio federale?
“Riteniamo che questo non sia il momento di rimproverare, quanto piuttosto di cercare soluzioni. È chiaro che il risultato di oggi è estremamente negativo e problematico per l’economia svizzera. Il Consiglio federale è importante che continui a rinunciare contromisure, anche perché il peso commerciale della Svizzera è troppo basso per poter pensare di esercitare una pressione efficace sugli Stati Uniti. Quello che ci aspettiamo è che la diplomazia svizzera si attivi immediatamente, quantomeno per riuscire a ridurre un po’ questi dazi”.
Aldilà del capitolo svizzero, come percepite la svolta sui dazi degli USA nelle relazioni commerciali?
“Ci sembra evidente che il protezionismo è in costante aumento. Le relazioni commerciali come le conoscevamo sono sicuramente sempre più complicate. C’è chi reagisce più o meno duramente anche a questi dazi imposti da Trump, creando ulteriori barriere. Chi invece risponde con un po più di diplomazia, ma è chiaro che le misure protezionistiche sono sempre maggiori e sempre su più fronti. Noi ci attendiamo un periodo sicuramente complicato per il liberalismo, per come lo conoscevamo ed è per questo che è fondamentale che la Svizzera continui a mantenere ottime relazioni con i suoi principali partner commerciali, penso in particolare con l’Europa, ma che allo stesso tempo diversifichi anche sempre di più i suoi mercati con accordi di libero scambio con tutto il resto del mondo”.