“Al momento senza un aiuto esterno la Svizzera può resistere solo un paio di settimane ad un attacco”, così si era espresso dopo l’invasione russa dell’Ucraina il comandante di corpo Thomas Süssli, capo dell’esercito dal 2020. Una valutazione ancora valida, ha confermato l’alto ufficiale in un’intervista alla RSI, trasmessa martedì mattina da modem e realizzata venerdì scorso a Bellinzona, a margine dell’Assemblea della Camera di commercio del Canton Ticino.
Per il cinquantasettenne Süssli, comunque, si è sulla buona strada per cambiare le cose grazie ai fondi supplementari stanziati dal Parlamento. Il prossimo arrivo dei caccia F-35 e dei sistemi contraerei Patriot migliora la difesa contro le minacce aeree, toccherà poi alle truppe di terra ammodernare i loro sistemi d’arma. Armi moderne e sofisticate che non dovrebbero però causare difficoltà a soldati e soldatesse di milizia, ormai abituati alle nuove tecnologie. Esercito svizzero che pensa anche di decentralizzare l’aviazione, tornando ad esercitare atterraggi e decolli sulle autostrade. Sono invece considerati ormai inutili gli ostacoli anticarro in calcestruzzo, i cosiddetti “Toblerone”.
In ogni caso un esercito progettato 20 anni fa per il supporto alle autorità civili torna ora a privilegiare il suo ruolo di difesa. Per questo, sottolinea Süssli, è importante la cooperazione internazionale. Cooperazione che fra eserciti al momento funziona, nonostante i limiti posti dalla neutralità. Oltre al distaccamento SWISSCOY, operativo in Kosovo, la Svizzera offre per esempio ai partner la possibilità di allenarsi in montagna. Da parte suo l’esercito elvetico è interessato a sfruttare aree d’esercitazione all’estero, aree che offrono spazi più ampi che in patria.
Fra le conseguenze della situazione politica il capo dell’esercito Thomas Süssli vede anche un maggior supporto da parte dell’economia e dei datori di lavoro nel liberare il personale per il servizio militare. Gli stessi militi al momento sono più motivati a difendere il paese.

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