Il Ministero pubblico della Confederazione non potrà servirsi delle mail di Peter Lauener, ex responsabile della comunicazione dell’allora consigliere federale Alain Berset, e neppure di quelle del direttore di Ringier, Marc Walder.
La Procura federale voleva utilizzarle nell’ambito delle indagini sulla presunta fuga di notizie relative al Covid-19 a favore del gruppo editoriale. Il Tribunale federale conferma così la decisione dell’istanza inferiore: mettere le mani sul contenuto delle caselle di posta elettronica viola la tutela delle fonti giornalistiche.
La vicenda, spesso denominata con l’anglicismo Coronaleaks, è venuta alla luce negli anni 2022 e 2023. Vi è il sospetto che Lauener abbia informato in anticipo i media della casa editrice sulle misure previste dal Consiglio federale durante il Covid-19. Il capo della comunicazione del Dipartimento federale dell’interno è stato accusato dal procuratore pubblico straordinario dell’epoca, Peter Marti. L’ipotesi di reato è la violazione del segreto d’ufficio. Il sospetto è che in cambio degli scoop Berset abbia poi beneficiato di un trattamento di favore da parte del gruppo editoriale con sede a Zofingen (AG).
Sigilli sulle mail per volere di Lauener e Ringier
Nel maggio del 2022 sono state effettuate perquisizioni al domicilio e sul luogo di lavoro di Lauener e sono stati messi al sicuro diversi computer portatili, supporti di dati e i dati di un cellulare. Anche presso il CEO di Ringier sono stati sequestrati computer e uno smartphone. Ringier ha anche trasmesso altre informazioni richieste. Su domanda degli interessati, apparecchi e dati sono poi stati sigillati. Il MPC ha però chiesto di accedere al materiale. Alla fine dello scorso mese di maggio, il Giudice dei provvedimenti coercitivi del Canton Berna ha tuttavia respinto la domanda di togliere i sigilli, una decisione come detto confermata ora da Mon Repos.
La seconda Corte di diritto penale, in una sentenza del 31 gennaio pubblicata oggi (venerdì), respinge il ricorso interposto dalla procura federale sulla base dell’articolo 172 del Codice di procedura penale che garantisce la tutela di quelle che vengono designate “fonti degli operatori dei mezzi di comunicazione sociale”. La tutela delle fonti passa in secondo piano unicamente se si tratta di far luce su reati gravi o se la testimonianza è necessaria per preservare da un pericolo imminente la vita o l’integrità fisica di una persona, si legge in un comunicato del TF. Non è il caso per la presunta violazione del segreto di ufficio.