Rafforzare le relazioni economiche bilaterali con Washington e trovare soluzioni ai vari dazi supplementari annunciati dal governo USA. La Commissione della politica estera del Consiglio Nazionale ha fatto sapere che sosterrà il mandato negoziale con gli Stati Uniti, trattative che il Governo federale aveva annunciato di voler intavolare proprio in risposta alle tasse minacciate dal presidente Donald Trump.
Dal 2 aprile, giorno in cui Trump ha emanato il relativo decreto esecutivo, molte esportazioni svizzere verso gli Stati Uniti sono soggette - fino a nuovo ordine - a dazi supplementari forfettari del 10% e a dazi del 25% sui prodotti in acciaio e alluminio, così come sulle automobili e sui componenti automobilistici. Sui prodotti Swiss-made, esclusi però chimica e farmaceutica che avranno un destino ancora da chiarire, pende però la minaccia di un ulteriore 21% di dazi, misura per ora sospesa fino al 9 luglio.
Un lasso di tempo che deve essere sfruttato per trovare proposte da sottoporre all’amministrazione statunitense. È l’opinione di Laurent Wehrli, presidente della Commissione di politica estera del Consiglio nazionale. Non però a qualunque costo. Secondo Wehrli, infatti, gli impegni già presi dalla Confederazione vanno rispettati, e pensa in particolare a quelli con l’organizzazione Mondiale del Commercio e agli accordi bilaterali con l’Unione Europea, principale partner economico. E deve restare fuori anche da eventuali discussioni con Washington l’agricoltura, quella nazionale, che va protetta.
Il liberale radicale vodese Wehrli ha poi anche ricordato che la Svizzera ha siglato diversi accordi di libero scambio, in primis quello con la Cina. Accordi che non devono essere toccati da nuovi negoziati per risolvere la questione dazi.
Sempre lunedì pomeriggio era attesa poi anche la presa di posizione della Commissione sorella degli Stati. Posizione che però non c’è stata, per un ritardo nelle discussioni e la necessità di partire con i lavori della sessione. Fra poco più di un mese scade però la proroga concessa dall’amministrazione statunitense, sempre che nel frattempo non vi siano ulteriori cambiamenti nei piani, per cui anche dagli Stati dovrebbe presto arrivare il via al mandato negoziale.