Niente sistema per decolli e atterraggi indipendenti dal GPS, niente sistema antighiaccio e niente sistema automatico anticollisione: queste tre funzioni richieste dalla Confederazione mancheranno ai sei droni che la Svizzera aveva deciso di acquistare dalla Elbit, un’azienda israeliana, nel 2015 e che avrebbero dovuto entrare in servizio nel 2019 in sostituzione dei ricognitori telecomandati 95.
Il progetto ha accumulato grossi ritardi (tanto la Elbit quanto la RUAG in Svizzera non hanno ripetutamente rispettato le scadenze) e la sua gestione è stata oggetto di pesanti critiche. I mezzi finanziari sono quasi esauriti e le funzioni centrali continuano a non essere pronte per l’impiego, riconosce Berna. Tuttavia il progetto non verrà cancellato, soltanto ridimensionato.

Martin Pfister ha ereditato il dossier
Così ha deciso il Dipartimento federale della difesa, dopo l’analisi ordinata dal suo nuovo responsabile, il consigliere federale Martin Pfister, che giovedì si è presentato davanti ai media all’aerodromo di Emmen per spiegare la decisione. Secondo il DDPS, una rinuncia pura e semplice creerebbe una lacuna di durata indeterminata e non colmabile per le forze armate e per le autorità civili che pure potranno chiedere l’impiego dei droni. Inoltre, non è certo che Berna possa chiedere al produttore la restituzione degli investimenti già effettuati (circa 240 milioni di franchi) o di parte di essi.
Secondo Pfister, nonostante le restrizioni di impiego che risulteranno dalle rinunce, le capacità fondamentali saranno garantite e con lunghi tempi di permanenza in volo. Quali restrizioni? I droni non potranno volare in condizioni che favoriscono la formazione di ghiaccio e in caso di visibilità fortemente ridotta al suolo. Inoltre, il servizio sarà limitato di giorno e in determinati spazi aerei, dove il drone dovrà essere accompagnato da un aereo di scorta.
La decisione annunciata giovedì riduce la complessità del progetto, ma non risolve ancora tutte le difficoltà: esistono ancora - ammette il DDPS - rischi tecnici riguardanti software e sistema di controllo e non si può escludere che Elbit non rispetti altre scadenze. Anche le prossime tappe restano quindi sotto stretta osservazione. Inoltre, continua a mancare la documentazione necessaria all’omologazione in Svizzera e la Military Aviation Authority ha per questo ordinato restrizioni che per al massimo quattro dei sei droni potrebbero anche essere permanenti: obbligo di un paracadute di emergenza, quota minima di volo, obbligo di poter raggiungere punti di atterraggio di emergenza e riduzione della permanenza sopra aree densamente abitate.
Per i difetti emersi e le rinunce elvetiche, Elbit - si precisa infine - ha previsto compensazioni, come l’assunzione dei costi fissi del contratto di servizio per un massimo di otto anni.
“Uno scandalo” da quasi 300 milioni
La decisione del DDPS di portare avanti il progetto degli ADS15 non va giù al Gruppo per una Svizzera senza Esercito, che denuncia uno “scandalo” da quasi 300 milioni di franchi. Si imponeva un passo diverso, sostiene, ovvero l’abbandono puro e semplice dell’acquisto di questi apparecchi il cui uso sarà fortemente limitato dall’assenza dei sistemi citati. C’è poi un secondo aspetto cruciale: il mancato rispetto della legge sul materiale di guerra e dei trattati internazionali in materia, considerando che il produttore - Elbit - “partecipa attivamente al genocidio nella Striscia di Gaza”.
Posizioni, queste, condivise anche dal Partito socialista, che evidenzia “una volta di più lo spreco di denaro dei contribuenti per fallimenti della politica finanziaria e di sicurezza”.