Approfondimento

Il difficile ritorno dei legumi nei campi elvetici

Sono eccellenti per la salute e per l’ambiente, ma - nonostante i loro numerosi vantaggi - la loro produzione in Svizzera fatica a decollare, poiché è più conveniente importarli

  • Oggi, 12:49
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Immagine d'archivio

  • Keystone
Di: Feriel Mestiri e Stéphanie Jaquet (RTS)/adattamento in italiano: ludoC 

Un tempo, i legumi costituivano la base della nostra alimentazione, prima di scomparire dai nostri piatti. Le proteine vegetali sono tuttavia meno inquinanti della carne e meno avide di risorse.

Nella sua fattoria ginevrina, Christophe Courtois, uno dei pochi a produrre legumi in Svizzera, sta raccogliendo i suoi fagioli bianchi. Quest’estate, racconta RTS in un approfondimento dedicato al tema, ha già raccolto lenticchie e ceci. Per lui, questo tipo di piante è un innegabile vantaggio in agronomia: “Sono in grado di catturare l’azoto presente nell’aria, grazie ai noduli che si trovano sulle loro radici. Ciò significa che non abbiamo bisogno di apportare fertilizzanti azotati in primavera per farle crescere. Catturano naturalmente l’azoto necessario alla loro crescita”. Una proprietà interessante che tutte le colture di lenticchie, ceci, fagioli, fave e soia possiedono. “Inoltre, i legumi restituiscono l’azoto alla coltura successiva”, precisa intervistato in n servizio andato in onda durante la trasmissione 19h30.

Contenuto trasmesso durante il 19h30 di RTS del 27.09.2025

Due chili di consumo annuale pro capite

Nonostante le loro numerose qualità, questi legumi faticano a ritrovare i campi del nostro paese. Nel XIX secolo, ogni persona che viveva in Svizzera consumava in media 30 chili di legumi all’anno. Questa quota è scesa a 300 grammi nel 2000, per risalire oggi a 2 chili.

Ma questi legumi secchi provengono essenzialmente dall’estero. La produzione svizzera rimane una nicchia, con meno di 2000 ettari dedicati, che non rappresentano nemmeno l’1% della superficie agricola del paese. Il prezzo spiega questa situazione. Sugli scaffali, la concorrenza straniera è schiacciante, poiché il suo costo è dimezzato: “Il Canada, primo produttore mondiale, conta migliaia di ettari. Qui in Svizzera, se ci sono 200 ettari di lenticchie all’anno, è già tanto”, osserva Christophe Courtois. “Per noi è impossibile competere. Non serve a nulla raddoppiare la mia produzione. Ad un certo punto, si esaurisce perché, dietro, è la politica che deve fare il lavoro.”

La questione della protezione doganale

Contrariamente alla carne, ai pomodori o ai cereali, i legumi svizzeri non sono protetti da dazi doganali.

Una situazione ereditata dal passato, al momento dell’adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC): “L’agricoltura svizzera è una delle più protette, delle più sovvenzionate al mondo”, osserva Didier Chambovey, ex ambasciatore della Svizzera presso l’organizzazione. “Certamente all’epoca non c’era un bisogno di protezione da parte degli agricoltori che avevano rappresentato il settore”, precisa colui che era il negoziatore per il nostro paese.

Oggi, l’Unione svizzera dei contadini vuole cambiare la situazione e dice di aver commissionato uno studio per rafforzare la protezione doganale dei legumi. A Berna, diverse mozioni sono state depositate in questo senso, poi respinte dal Consiglio federale. Modificare l’accordo è un rompicapo politico e, per proteggere i legumi, gli accordi dell’OMC devono essere rinegoziati.

Un altro settore agricolo dovrà forse essere sacrificato alla concorrenza.

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