L’Engadina Bassa, forse meno conosciuta di quella Alta, di cui St. Moritz è lo scintillante e consumistico emblema, custodisce, nel suo incantevole e selvaggio paesaggio, antiche chiese e villaggi, ruvidi gioielli di cultura, opere d’arte e luoghi che rimandano ad affascinanti racconti.
Il giornalista engadinese Köbi Gantenbein, editore, saggista, appassionato di architettura, ha pubblicato una guida alle chiese dell’Engadina Bassa. Intitolato Bilderschatz und Sterngewölbe (Edizioni Hochparterre), il libro presenta un itinerario che invoglia a visitare trenta edifici religiosi e un castello, quello di Tarasp.
Sfogliando le pagine della guida, illustrata dagli scatti del fotografo Ralph Feiner, ci si sente trasportati in un mondo d’altri tempi, per non dire senza tempo, in cui leggende, racconti, colori, tradizioni, natura, fede e bellezza si incontrano e dialogano tra loro.
A dire il vero, non mancano anche pagine drammatiche, legate alle vicende connesse con il passaggio dell’Engadina Bassa alla Riforma protestante e alla conseguente reazione cattolica romana, intrecciate con gli interessi politici delle grandi famiglie grigionesi e dei feroci vicini austriaci, desiderosi di impossessarsi della vallata. L’ombra dei cosiddetti “torbidi grigioni” e l’inquietante fama del controverso eroe di quell’epoca, Jörg Jenatsch, le cui gesta sono narrate nel romanzo ottocentesco di Conrad Ferdinand Meyer, aleggiano ancora tra i larici secolari che coprono gli erti pendii delle montagne.
Lungo il corso dell’Inn, da Zernez fino al confine con l’Austria, risuonano però anche le parole del racconto scritto da Selina Chönz, Schellenursli. È la storia, trasposta in immagini dall’estroso e perennemente squattrinato artista Alois Carigiet, di un ragazzino di Guarda, il quale desidera partecipare al corteo dal “Chalandamarz”, la festa che segna la fine dell’inverno. I bambini sfilano nel villaggio portando al collo dei campanacci. Ursli vorrebbe camminare davanti a tutti, con il campanaccio più grande. Ma al momento della distribuzione, a lui tocca una campanella piccola, di quelle che portano al collo le capre. Deciso a non arrendersi, Ursli scappa, di notte, e sale sulla montagna, fino all’alpe del nonno. Lassù trova un grande campanaccio, se lo mette al collo e con quello partecipa, in prima fila, al corteo dei bambini.
E le chiese? Ognuna ha una storia, un dettaglio, una caratteristica particolare. A Lavin, uno sconosciuto artista italiano di fine Quattrocento ha realizzato una straordinaria raffigurazione della Trinità: la divinità sorride, enigmatica, dalla volta dell’abside, con quattro occhi, tre nasi, tre bocche, unite in un solo viso.
A Susch, la chiesa rimanda alla storia della disputa religiosa che nell’inverno del 1537 vide gli abitanti del villaggio - riuniti nell’edificio “dopo avere consegnato le armi all’entrata della chiesa” - abbracciare la Riforma protestante.
A Zernez, le due chiese che si ergono sulla collina che domina il villaggio conservano il ricordo di un’epoca inquieta, dominata da famiglie potenti, in guerra tra di loro, e alla controversa figura di Rudolf von Planta.
Ad Ardez, la casa Claglüna, a pochi passi dall’imponente chiesa riformata in stile rinascimentale, espone, sulla facciata, la scena del peccato originale: Adamo ed Eva, ai piedi dell’albero della conoscenza del bene e del male.
E a Scuol, nella spettacolare chiesa tardogotica, costruita su di uno sperone di roccia a strapiombo sul fiume, un’iscrizione in latino dice: “Anno 1516. Bernardo da Poschiavo ha fatto quest’opera”. Furono un centinaio le chiese tardogotiche costruite in quel periodo, in tutto il cantone dei Grigioni: realizzate in un’epoca in cui la popolazione era in forte crescita, ma in cui imperversavano anche pestilenze e guerre e dunque la speranza nell’aiuto divino era particolarmente pronunciata.
Un’ultima curiosità, per chiudere: in molte di quelle chiese, accanto al pulpito, si trova una clessidra. Serviva per ricordare al pastore di non tenere sermoni troppo lunghi e verbosi, ed evitare così che i fedeli si addormentassero durante la predica.



