Svizzera

"L'etica non si può imporre"

Caso Parmelin, intervista esclusiva RSI all’ex consigliere federale Pascal Couchepin

  • 11 maggio 2016, 08:25
  • 7 giugno, 17:54
Pascal Couchepin

Pascal Couchepin

  • Keystone

Il caso Parmelin, legato al presunto conflitto d'interessi del consigliere federale riguardo agli alleggerimenti fiscali per gli agricoltori, oggi, mercoledì, approda in Governo. Il Consiglio federale discuterà delle regole sull'astensione dei suoi membri, per poi rispondere alle domande specifiche poste dalle Commissioni della gestione. Guy Parmelin ha ammesso di aver commesso un errore politico sostenendo in Governo il dossier delle agevolazioni fiscali per gli agricoltori. A dire dello stesso UDC vodese, con il senno di poi, avrebbe dovuto ricusarsi in quanto la legge poteva favorire suo fratello ed eventualmente lui stesso permettendo un vantaggio fiscale di 200'000 franchi in caso di vendita del terreno di Bursins.

Una vicenda sulla quale la RSI ha interpellato l'ex consigliere federale Pascal Couchepin che si dice contrario all'introduzione di regole di condotta in materia per il Consiglio federale poiché o un politico ha l'etica personale oppure non va eletto.

Non mi esprimo sul caso specifico del signor Parmelin, ma posso esprimermi sulle conseguenze di questo caso. Qualcuno sostiene che va introdotta una regolamentazione più restrittiva, un vademecum all’interno del Consiglio federale per chiarire se si può partecipare a talune discussioni. Dico che è assolutamente stupido. Se occorre scrivere ad un consigliere federale quello che può e che non può fare, allora non bisogna nemmeno eleggerlo. Un consigliere federale deve sapere da solo cosa è eticamente corretto e cosa non lo è. All’epoca ai miei collaboratori dicevo: “in politica potete fare tutto a condizione che siate pronti a comparire in una sala gremita di 400 persone nemiche ed ostili per sostenere la vostra tesi, e che uscendo le stesse persone dicano, non ci piace più di prima ma aveva ragione”. La domanda da porre a Parmelin ma non sarò io a farlo, è se – anche senza la polemica del “Blick” – sarebbe stato in grado di fare questo. Se no, allora abbiamo un problema etico; se sì, tutto in ordine.

La questione etica è dunque centrale per lei… ma è sufficiente come strumento di regolamentazione?

Va oltre quelle che possono essere delle linee guida all’americana, quando semplicemente crociando due o tre risposte, ci si ritiene autorizzati a fare qualcosa anche se è totalmente sbagliato.

Se a una persona l'etica va imposta non andrebbe eletta

Eppure in molti Paesi a noi vicini, esistono delle direttive, delle linee guida che vanno in questa direzione…

Significa che non c’è etica, che l’etica personale di questi dirigenti politici è debole o inesistente e che si è obbligati a imporgliela come una sorta di codice penale affinché righino dritto. In Svizzera una persona simile non andrebbe eletta.

Non teme tuttavia che a queste condizioni possano concretizzarsi dei conflitti d’interesse?

Certo che ci possono essere dei conflitti d’interesse ma in questi casi l’etica consiglia di astenersi. Si immagini se ad avere interessi in una certa vicenda sia suo fratello o il suo più caro amico… Lei dunque avrebbe il diritto di votare a favore di una certa soluzione per dare una mano all’amico ma non potrebbe farlo se fosse suo fratello, anche se magari è il suo nemico più acerrimo nella vita di tutti i giorni. È grottesco. A livello di governo deve esistere un’etica e questa qualità va valutata in un candidato al Consiglio federale. Più tardi si può sempre non rieleggerlo o creare uno scandalo, ma imporre un vademecum è sbagliato, tanto più che esso non riuscirebbe a dare delle risposte a tutti quei casi per i quali l’etica consiglierebbe un’astensione.

Signor Couchepin, lei parla di astenersi, di ricusarsi. Nella sua carriera politica è stato membro del Consiglio federale per oltre 10 anni, quanti casi di ricusa ha vissuto?

Senta, consideriamo un consigliere federale che dovrebbe ricusarsi o che ritiene giusto farlo… il tutto si svolge in maniera molto semplice. Non dice: “mi ricuso”, ma non partecipa alla discussione e se c’è un voto in ballo, dirà: “permettetemi di astenermi”. Ed è tutto e non ha bisogno di spiegare granché. Sta a lui sapere quando eticamente non è il caso di prendere la parola…

Mi sono ricusato alcune volte, ma non dico su cosa

E questo accade frequentemente?

Non tutti i giorni, ma con regolarità. E si accetta, pensando: “beh è normale, era troppo vicino ad un amico o a un’azienda”. Oppure era a conoscenza di informazioni che ne hanno reso giustificata moralmente l’astensione. Io stesso mi sono ricusato alcune volte, su cosa non glielo dico… stavo zitto durante la discussione in governo e non partecipavo al voto, se c’era un voto. Spesso non c’è…

E può capitare che all’interno dei sette membri del Consiglio federale qualcuno consigli ad un collega di astenersi?

Mai. Colui che si esprime quando non sarebbe il caso lo facesse, perde la credibilità. Ed è la sanzione più pesante in seno al Consiglio federale. Certo, non è solo bianco o nero. Ci sono casi in cui si pensa “al posto suo, io me ne sarei stato zitto”, altri in cui tutto è chiaro. Ma quando i colleghi di governo si accorgono che uno di loro sta un po’ imbrogliando sul piano etico, allora per lui c’è una perdita di credibilità e di capacità nel far passare temi in Consiglio federale.

Non è una tempesta in un bicchere d’acqua

Per riassumere signor Couchepin, il caso Parmelin è una tempesta in un bicchiere d’acqua?

Non lo è. È un caso interessante. Sarebbe una tempesta in un bicchiere d’acqua proporre come risposta delle linee guida. Sarebbe contrario all’interesse stesso di un buon funzionamento del nostro stato democratico.

Il che comunque non esclude vi siano problemi, sia nel caso Parmelin che generalizzando…

Certo, ma ancora oggi io stesso ho dei problemi etici. La caratteristica dell’essere umano è essere guidati nella propria azione quotidiana dalla morale etica. Ci possono essere interventi efficaci e meno efficaci ma l’etica deve essere sempre presente. A volte si può esser contrari ad un progetto perché non corrisponde alla nostra visione politica; poi ci sono caso in cui non si mette il becco perché l’etica personale ci consiglia di favorire l’interesse generale.

Qualcuno dunque che va contro l’etica di cui lei parla, non è al posto giusto in Consiglio federale…

Da un caso unico non si possono trarre conclusioni definitive ma se qualcuno ripetutamente difende degli interessi privati, allora è giusto che scoppi uno scandalo e che non venga rieletto. Ma nella mia esperienza in governo molto raramente ho visto dei casi in cui qualcuno agiva in funzione del suo interesse personale. Nessuno è perfetto, non bisogna condannare a morte qualcuno sulla scorta di un semplice caso. Nella vicenda Parmelin viene in superficie il problema del mondo contadino, la sua convinzione di non avere limiti nel difendere i propri interessi. Ma anche l’agricoltura svizzera, che io amo e difendo, eticamente non è il solo gruppo che ha diritto alla protezione dello stato.

Nicola Lüönd

Dettagli, valutazioni ed analisi sulla vicenda svelata dal Blick nell'edizione odierna di Modem: Il "caso" Parmelin


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