La politica ne discute da tempo, con un obiettivo che per alcuni è ormai inevitabile: vietare i fuochi d’artificio, o quantomeno sottoporli a una regolamentazione più severa. Il tema, destinato a finire nelle urne, divide l’opinione pubblica e sta già cambiando il paesaggio delle feste: le città che propongono spettacoli pirotecnici infatti sono sempre meno, complice un vento contrario che soffia da una parte consistente della popolazione, soprattutto per ragioni legate a rumore e sicurezza.
Eppure, nonostante le pressioni e le critiche, l’interesse per i “botti” non sembra scemare. A raccontarlo sono anche i numeri di chi, invece di limitarsi all’acquisto occasionale, sceglie di formarsi per l’uso di materiali pirotecnici di grandi dimensioni. Dal 2014, infatti, chi vuole acquistare e far esplodere fuochi d’artificio di una certa potenza deve essere in possesso di un’autorizzazione specifica. La prima abilitazione consente di accendere all’aperto prodotti pronti all’uso, ma seguendo tecniche e regole precise: fino a un calibro di 75 millimetri e sul luogo d’accensione al massimo una massa netta di esplosivo di 50 kg. Da anni, spiegano alla SRF dalla Comunità d’interesse Fuochi d’artificio (che si occupa della formazione e del rilascio delle abilitazioni), sono stabilmente circa una sessantina le persone che ottengono questo primo via libera.
C’è poi uno zoccolo duro di appassionati che decide di andare oltre: ogni anno tra le cinque e le dieci persone proseguono infatti il percorso verso l’abilitazione superiore. Qui cambiano anche le possibilità operative: niente più limiti di peso e un impiego più ampio di ciò che “fa fuoco, rumore e fiamme”, con accensioni elettriche e un livello di complessità - e responsabilità - ben più alto.
Chi sono questi aspiranti pirotecnici? Secondo Samuel Baumann, presidente della Comunità d’interesse, non esiste un profilo unico. “Dal forestale all’avvocato, c’è di tutto”, racconta, descrivendo un mondo composito fatto di padri di famiglia, dirigenti, ma anche autorità e corpi di polizia. Perché è importante anche per questi ultimi conoscere per vigilare.
“I fuochi d’artificio sono una tradizione fortemente radicata”, ribadisce ancora. È anche per questo, dice, che la formazione continua ad attirare interesse. Baumann non nega però che il settore sia sotto pressione, soprattutto per l’impatto acustico ma proprio da qui passano alcune delle possibili vie di compromesso. Alternative senza botti esistono già, come le “fontanelle” e altri materiali a ridotto rumore, capaci, sottolinea, di creare comunque spettacoli affascinanti.

Il Nazionale vuole vietare i fuochi d'artificio che producono solo rumore
Telegiornale 11.12.2025, 20:00







