L’intervista

Micheline Calmy-Rey: “Tacendo, la Svizzera si rende complice di ciò che accade a Gaza”

Vari Paesi occidentali hanno riconosciuto lo Stato di Palestina, ma non la Confederazione: una posizione che l’ex consigliera federale giudica incomprensibile: “Serve un cambio di rotta”

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In una fotografia del 2024

  • Archivio Keystone
Di: Intervista di Pietro Bugnon (RTS)  - Adattamento in italiano: ludoC 

Rabbia, indignazione, vergogna. Ospite martedì del programma La Matinale della RTS, l’ex consigliera federale Micheline Calmy-Rey non nasconde la sua amarezza di fronte al persistente rifiuto della Svizzera di riconoscere lo Stato di Palestina. Tanto più che la Francia lo ha appena fatto ufficialmente, unendosi a Regno Unito, Australia, Canada, Portogallo e quasi tre quarti degli Stati membri dell’ONU che già hanno preso questa decisione.

“Incomprensibile”

Per lei, la scelta della Svizzera è totalmente “incomprensibile”. “La Svizzera ripete che il riconoscimento di uno Stato palestinese dovrebbe avvenire alla fine di un processo di pace. Ora, questo processo è stato sabotato dai bombardamenti israeliani sul mediatore, il Qatar.”

Ritiene quindi urgente cambiare paradigma, insistendo sul fatto che oggi solo una pressione internazionale potrebbe rilanciare una dinamica politica. “Il riconoscimento non avviene più alla fine di un processo negoziale, ma interviene per accelerarlo”, spiega. Anche se questo riconoscimento è soprattutto “simbolico” nei fatti e non cambierà, almeno nell’immediato, la vita dei palestinesi.

Secondo l’ex responsabile della diplomazia svizzera, Berna teme soprattutto di urtare gli Stati Uniti - eterni alleati di Israele - nel momento in cui si sta negoziando una riduzione delle tariffe doganali. Un allineamento che non è nuovo, deplora Calmy-Rey. “Ricordiamoci che la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter aveva trovato delle virtù nel discorso del vicepresidente americano J.D. Vance a Monaco, che criticava le democrazie occidentali.”

02:15

Francia riconosce lo stato di Palestina

Telegiornale 23.09.2025, 12:30

A coloro che temono che un riconoscimento dello Stato palestinese possa alimentare ulteriormente il conflitto, Micheline Calmy-Rey risponde che si tratta innanzitutto di “una constatazione di ciò che sta accadendo sul terreno a Gaza”. Per lei, un segnale politico diventa indispensabile per porre fine all’attivismo violento di Israele. Riprendendo i termini di un’inchiesta di una commissione dell’ONU che evoca un genocidio a Gaza, l’ex consigliera federale avverte: “Tacendo, la Svizzera si rende complice di ciò che accade a Gaza.”

“Custode delle Convenzioni di Ginevra, la Svizzera, che regolarmente mette in evidenza i suoi buoni uffici, dovrebbe essere particolarmente sensibile a questa situazione - sottolinea - soprattutto di fronte alle restrizioni degli aiuti umanitari e all’uso della fame come arma di guerra. Tanto più che il riconoscimento della Palestina, insiste, fa parte di un piano adottato dall’Assemblea Generale dell’ONU: cessate il fuoco, liberazione degli ultimi ostaggi israeliani, esclusione di Hamas da un futuro governo palestinese, consegna senza ostacoli degli aiuti umanitari e rafforzamento dell’Autorità Palestinese.”

Neutralità e diritto

All’argomento secondo cui riconoscere la Palestina equivarrebbe a rompere la neutralità, Micheline Calmy-Rey oppone una visione chiara: “La neutralità svizzera si basa sul diritto.” E illustra: “La Svizzera lo ha fatto molto bene quando c’è stata l’aggressione della Russia all’Ucraina: ha condannato (Mosca, ndr.). Facendo questo, non ha preso partito per l’Ucraina o la Russia, ha semplicemente preso partito per il diritto.”

Di fronte alle violazioni del diritto internazionale a Gaza, bisognerebbe fare lo stesso, aggiunge. Se avesse il consigliere federale Ignazio Cassis, a capo del DFAE, di fronte a lei? “Gli direi che è tempo per la Svizzera di riconoscere la Palestina. È l’inizio di una via verso una soluzione politica. La passività attuale è una colpa morale.”

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