Nel 2024 in Svizzera sono nati 78’800 bambini, dato che porta il tasso di fecondità nazionale a 1,29 figli per donna, il più basso dal 1940, e getta il Paese in una crisi demografica senza precedenti. Fanalino di coda, a livello cantonale, Basilea Città, con un tasso di 1,09, il Ticino e i Grigioni seguono a ruota rispettivamente con 1,16 e 1,22.

In Svizzera si è passati dai 19,5 bambini nati vivi ogni 1000 abitanti nel 1964, agli 8,7 del 2024
Perché si verifica questa decrescita? Quali sono le cause? Quali le possibili soluzioni? Il programma radiofonico Modem ha cercato di rispondere a questi interrogativi interpellando diversi esperti.
Una tendenza ampiamente diffusa nel mondo occidentale e non
Il fenomeno non è isolato. Giuseppe Cappellari, economista di Demografik, sottolinea che “dal 1971-72 la Svizzera è sotto il tasso ottimale di fertilità” e simili tendenze si osservano in molti paesi industrializzati e in via di sviluppo. Circa due terzi dei Paesi del mondo si posiziona, infatti, sotto questa soglia, posta a 2,1 bambini per donna.

Le cause di questo calo sono molteplici e intrecciate. Ivano Dandrea, membro del comitato di Coscienza Svizzera, parla di “un’angoscia verso il futuro” diffusa tra i giovani e una minore disponibilità a fare sacrifici per avere figli. Tiziana Marcon, pedagogista e responsabile di Progetto Genitori, pone invece l’accento sulle difficoltà di conciliare carriera e famiglia, specialmente per le coppie prive di una rete di supporto familiare o sociale, come nidi o mamme diurne.
La situazione economica gioca un ruolo cruciale. Cappellari spiega che “la pianificazione di una famiglia arriva quando all’incirca il 70% degli obiettivi non di famiglia sono stati raggiunti”, quali carriera e stabilità finanziaria. In un contesto di incertezza e con cicli di istruzione più lunghi, questi traguardi si allontanano nel tempo.
Soluzioni? Qualità delle strutture per l’infanzia e allungamento dei congedi parentali
Gli esperti concordano sulla necessità di interventi su più fronti. Cappellari sottolinea l’importanza di “migliorare la conciliazione tra lavoro, istruzione e famiglia”. Dandrea chiede alla politica di “mettere al centro della nostra azione la famiglia” e critica l’eccessiva burocrazia che ostacola la creazione di asili nido.
Marcon enfatizza l’importanza di strutture di qualità per l’infanzia, perché “il momento dello sviluppo del cervello e di tutte le competenze dei bambini avviene tra 0 e 3 anni”. La pedagogista propone, in questo contesto, di rivalutare i salari delle educatrici della prima infanzia, cruciali in questa fase delicata.
Sul fronte delle politiche pubbliche, Cappellari cita esempi internazionali, notando che “le strutture per l’infanzia, come gli asili nido, se efficaci, sono un investimento a lungo termine sul territorio e contribuiscono all’aumento della natalità, almeno a livello locale”, molto di più rispetto ai sussidi in denaro. In aggiunta “è stato provato che congedi parentali più lunghi tendono ad aumentare la natalità, seppur con dei costi per le imprese”, spiega ancora Cappellari.
Il ruolo dell’economia è , anch’esso, fondamentale. Dandrea sottolinea la necessità di aiutare le donne a rientrare nel mondo del lavoro dopo la maternità, evidenziando come le aziende stiano diventando più flessibili con orari part-time. C’è quindi bisogno di spingere nel campo della conciliabilità, in quanto “una donna che esce dal mondo del lavoro, anche solo per alcuni mesi, un anno o due”, riscontra difficoltà “in un mondo in cui l’evoluzione della tecnologia crea subito un obsolescenza delle proprie mansioni”.
Immigrazione: soluzione economica e non per la fertilità
Secondo Cappellari, l’immigrazione, attualmente una soluzione per la carenza di manodopera, non può essere una risposta al declino della fertilità nel lungo termine, e avverte che “una parte dei migranti poi torna al proprio Paese d’origine”, nel quale la fertilità sta diminuendo come in Svizzera.
Nonostante il quadro complesso, emergono segnali di speranza. Marcon nota un cambiamento nelle nuove generazioni, con giovani genitori che scelgono di lavorare meno per dedicare più tempo alla famiglia. “Siamo in un momento basso delle montagne russe”, afferma, “potremmo con fatica risalire e riportare in alto la natalità, ma avendo il coraggio di seguire questa onda nuova e questi nuovi valori“.
La sfida è quindi complessa, ma con nuove strategie economico-sociali, la tendenza può essere invertita.








