Il rapporto tra la generazione Z ed il servizio militare è molto teso. Lo scrivono in questi giorni - che vedono l’inizio della scuola reclute - diversi media svizzeri, che a supporto di questa tesi indicano due cifre. La prima: ogni anno circa 11’000 soldati lasciano il servizio prematuramente. La seconda: nel 2024 sono state effettuate più di 1’000 visite agli psicologi militari, circa il 60% di loro ha avuto difficoltà ad adattarsi all’ambiente militare, fisicamente e mentalmente impegnativo.
Per cercare di capire meglio questo problema, abbiamo intervistato il professore Hubert Annen, docente di psicologia e pedagogia militare presso il Politecnico di Zurigo (ETHZ).
È corretto affermare che i giovani nati tra il 1997 ed il 2012 hanno un rapporto particolarmente conflittuale con il servizio militare?
“L’ipotesi che i rapporti tra la Generazione Z e l’esercito svizzero siano tesi non può essere confermata scientificamente. Possiamo fare riferimento in particolare ai dati dell’Indagine annuale sulla sicurezza del 2025. Questo mostra, ad esempio, che la fascia d’età interessata dall’obbligo di leva (18-34 anni) adotta certamente un atteggiamento più critico nei confronti dell’esercito. Tuttavia, anche all’interno di questo gruppo, solo una minoranza è favorevole all’abolizione del servizio militare obbligatorio. Inoltre, i dati del Censimento annuale dell’esercito mostrano che la percentuale di persone ritenute idonee al servizio è aumentata (attualmente è di circa il 70%). Inoltre, almeno in termini quantitativi, non mancano i candidati alla carriera militare. Infine, da un punto di vista scientifico, va notato che la classificazione in gruppi generazionali è arbitraria, e che la letteratura non fornisce una definizione univoca di Generazione Z”.
Il 60% dei militi però ha avuto difficoltà ad adattarsi all’ambiente militare, come lo spiega?
“È un dato di fatto che la vita militare - con i suoi orari fissi, le lunghe giornate di addestramento, la formalità militare, la vita comunitaria imposta e la distanza dall’ambiente sociale personale - è generalmente difficile da conciliare con le esperienze e le aspettative delle nostre giovani generazioni. Tuttavia, non si tratta di una novità”.
La vita militare - con i suoi orari fissi, le lunghe giornate di addestramento, la formalità militare, la vita comunitaria imposta e la distanza dall’ambiente sociale personale - è generalmente difficile da conciliare con le aspettative delle nostre giovani generazioni
Hubert Annen, docente di psicologia e pedagogia militare presso il Politecnico di Zurigo
Resta il fatto che ogni anno, circa 11’000 soldati lasciano il servizio prematuramente. Che cosa significa? Forse che le reclute oggi sono più interessate alla realizzazione individuale e personale... che al senso del dovere?
”Il fatto che le giovani generazioni adottino una posizione critica e pretendano risposte credibili dalle generazioni più anziane non è una novità. La Shell Jugendstudie tedesca lo evidenziava già all’inizio del millennio. I giovani crescono in un mondo che offre loro una moltitudine di opzioni, a volte accessibili con un semplice click. Non possiamo biasimarli se vogliono approfittarne; soprattutto perché è la società - e quindi noi - a metterle a disposizione. È chiaro quindi che l’utilità del servizio civile, combinata con vantaggi quali una giornata lavorativa “normale” e la possibilità di dormire a casa, sono più attraenti rispetto, ad esempio, all’addestramento in fanteria. Tuttavia, sono molti i giovani che - dopo un certo periodo di tempo - scoprono che l’esperienza militare o la formazione di quadro, gli sono state utili. Ma questo richiede che siano disposti a fare il passo verso “un nuovo stile di vita”. Chiaramente se la generazione attuale è davvero pronta ad impegnarsi nella comunità, non appena percepisce un significato immediato e concreto in ciò che fa, allora l’esercito, semplicemente, è in svantaggio strutturale”.

La vita militare è fatta da disciplina, orari fissi e lunghe giornate di addestramento
Cosa può fare l’esercito svizzero per cercare di adattarsi meglio alle nuove generazioni?
“Negli ultimi vent’anni sono state avviate diverse iniziative per affrontare le sfide legate alla transizione dalla vita civile al servizio militare (creazione del Servizio psicologico ed educativo dell’Esercito; estensione dei test psicologici al momento del reclutamento; studio dei fattori di stress condotto dallo stesso servizio; studio PROGRESS dell’Ufficio federale dello sport e dell’Accademia militare, ecc.) È probabile che queste misure abbiano dato qualche frutto. Tuttavia, non si può ignorare il fatto che il servizio militare è un obbligo e che l’addestramento militare comprende elementi che richiedono ai giovani uno sforzo di adattamento”.
Visite agli psicologi militari in calo:
-2020: 1’321
-2021: 1’243
-2022: 1’174
-2024: 1’169
L’esercito svizzero ha abbastanza militi?
“Il numero di persone che abbandonano il servizio militare obbligatorio è elevato: ogni anno, circa 11’000 persone soggette al servizio militare lasciano l’esercito prima di adempiere al loro obbligo”, premette la portavoce dell’esercito Delphine Schwab-Allemand.
“L’Esercito svizzero - prosegue - ha tre compiti, sanciti dalla Costituzione federale: difende il Paese e la popolazione dagli attacchi, sostiene le autorità civili quando le loro risorse non sono più sufficienti, promuove la pace a livello internazionale L’esercito non può garantire di avere personale sufficiente nei prossimi anni. E i pensionamenti anticipati, in questo senso sono un fattore chiave, come dimostra il censimento dell’esercito”.

Esercito: reclutamento da rivedere
Telegiornale 30.06.2025, 12:30