Ticino e Grigioni

Canone radio-tv, la Corsi lancia il dibattito

Le conseguenze dell’iniziativa “200 franchi bastano” al centro di un incontro organizzato all’università di Lugano

  • 28 minuti fa
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La Corsi lancia il dibattito sul futuro della SSR

Il Quotidiano 22.11.2025, 19:00

Di: Il Quotidiano-Simone Previatello/Spi 

Le parole che ricorrono sono coesione nazionale, identità collettiva, democrazia. Valori che una forte riduzione del canone metterebbe a rischio, secondo quanto riportano i vertici della SSR. L’occasione è stato l’incontro che la CORSI, che rappresenta il pubblico della RSI, ha organizzato all’USI di Lugano per capire il prezzo nascosto del taglio del canone su cui il popolo voterà l’8 marzo.

“Il dimezzamento dei mezzi finanziari sarebbe la fine dell’attuale SSR, presente in tutto il Paese, radicata nelle regioni linguistiche. Dovremmo eliminare sedi, centralizzare le attività e ridurre drasticamente l’offerta”, ha dichiarato Susanne Wille, direttrice generale della SSR. Da parte sua il presidente SRG SSR, Jean-Michel Cina ha aggiunto che: “L’offerta sportiva, culturale, l’informazione, ma anche le regioni linguistiche e periferiche ci perderebbero. La cultura, la musica, lo sport sarebbero i grandi perdenti”.

Di dimezzamento si parla, perché oltre alle entrate del canone, calebbero quelle pubblicitarie. Una conseguenza dell’offerta ridotta di programmi, sport ed eventi. In tutto la perdita sarebbe di circa 800 milioni di franchi, che significano anche migliaia di posti di lavoro.

Il momento di approfondimento organizzato dalla Corsi vuole proprio indagare queste conseguenze. “Deve farci forse riflettere il fatto che le iniziative costituzionali, che sono un diritto fondamentale della nostra democrazia diretta, non sono strumenti adatti per temi complessi”, ha affermato Giovanna Masoni Brenni, presidente della Corsi e vicepresidente cda SSR. “Perché costringono a un sì o un no. Quindi lo sforzo di oggi è soprattutto capire che cosa si nasconde dietro questo sì e questo no. Capire gli effetti finali di questa iniziativa costituzionale“.

Il dibattito politico è lanciato, in vista dell’8 marzo. I favorevoli all’iniziativa parlano di sistema mediatico cambiato e di un canone che pesa troppo sulle aziende. “Gli argomenti - ha detto il consigliere nazionale UDC Paolo Pamini - sono essenzialmente che, dopo la votazione su no billag, il sovrano ha detto che vuole un servizio pubblico. Questa volta si tratta di definire quale servizio pubblico vogliamo. A nostro giudizio l’azienda è sovradimensionata, non è una colpa sua, è il mandato che va ridefinito. E per ridefinire il mandato si ridefiniscono i mezzi. Siamo in un mondo in cambiamento, nel frattempo è arrivato Internet, penso che l’azienda abbia molto spazio per ripensarsi. È ora che lo faccia adesso”.

Ma per il consigliere nazionale PLR Alex Farinelli: “Non dobbiamo rendere questa votazione una sorta di referendum se ci piacciano o no tutte le trasmissioni della RSI. Dobbiamo pensare che è in gioco l’italianità, la coesione del Paese, un’informazione corretta. E, soprattutto, è in gioco il rispetto della minoranza linguistica del Ticino. Io penso che per questo dobbiamo batterci”.

Un voto che arriva in un momento in cui la radiotelevisione svizzera sta già affrontando una profonda riorganizzazione, con risparmi che rispondono alla riduzione graduale del canone a 300 franchi. “Abbiamo un mandato del Consiglio federale di risparmiare 270 milioni di franchi”, ha fatto notare Susanne Wille. “Per questa ragione trasformiamo la SSR, cambiamo l’azienda, cambiamo i processi, le strutture. Questa è una situazione difficile per l’azienda, ma penso che sia necessario per rimanere una SSR forte, presente in tutto il Paese. Qui sta la differenza tra il mandato di risparmiare del Consiglio federale e l’iniziativa”, ha concluso la direttrice generale della SSR. lI futuro dell’azienda di servizio pubblico radio-televisivo in Svizzera è dunque nelle mani del popolo, ancora una volta.

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