Di questi tempi in cui il prezzo dell’oro è alle stelle, molti avranno valutato di vendere una catenina usata o un vecchio anello. La vendita del metallo prezioso è davvero semplice. Basta andare in uno dei tanti compro oro disseminati per il cantone: l’addetto pesa la merce, la valuta, se si accetta il prezzo si paga in contanti e il gioco è fatto. Tutto in pochi minuti.
Proprio questa semplicità, tuttavia, può nascondere delle insidie. Oltre al rischio di incorrere in valutazioni svantaggiose, il settore si è prestato al rischio di riciclaggio. Per questo, dalla fine del 2023 è in vigore una nuova normativa federale più stringente, concepita per impedire l’immissione sul mercato di metalli preziosi di dubbia provenienza e garantire la tracciabilità del metallo prezioso e delle transazioni.
Cosa dice la nuova legge?
Secondo quanto riportato sul sito dell’Ufficio federale della dogana, la legge stabilisce che chiunque acquisti oro usato a titolo professionale (con un volume d’affari di almeno 50’000 franchi all’anno) deve registrarsi presso l’Ufficio del controllo dei metalli preziosi (UCMP) e ottenere una patente specifica. Questi operatori sono tenuti a identificare i propri clienti e a documentare ogni singolo acquisto. Il mancato rispetto di tali obblighi può comportare denunce e sanzioni.
“I nostri controlli sono controlli di plausibilità”, spiega Maurizio Sabino, capo del controllo delle merci presso l’UCMP di Chiasso. “Quando effettuiamo un’ispezione presso un’azienda autorizzata all’acquisto di metalli preziosi destinati alla fusione, verifichiamo la documentazione e la cifra d’affari, valutandone la coerenza. Prima o poi tutte le aziende in possesso di patente saranno sottoposte a controllo”.
Documento sì, ma poi?
Noi siamo andati a verificare sul campo se queste regole sono seguite. L’inchiesta condotta dalla RSI ha rivelato una situazione eterogenea. In tutti i compro oro visitati in forma anonima è stato richiesto di presentare un documento d’identità. Tuttavia, in alcuni esercizi il processo di vendita è stato sbrigativo: talvolta i pagamenti avvengono con poche domande e scarsi controlli sulla provenienza della merce. Non mancano operatori che ci hanno rassicurato affermando di non aver mai subito controlli, mentre altri sostengono apertamente che le transazioni non verranno comunicate all’autorità fiscale.
Ticino, un cantone che pullula di compro oro
Con 67 compro oro registrati, il Ticino è il secondo cantone svizzero per numero assoluto di esercizi, dopo Zurigo che ne conta 96 su un totale nazionale di oltre 450. Se si considera però il dato in rapporto alla popolazione, il Ticino risulta primo in Svizzera per densità di compro oro ogni centomila abitanti.
Secondo alcuni esperti, questa concentrazione è in parte riconducibile alla vicinanza con l’Italia, dove la normativa sull’oro usato è ancora più severa. Nella penisola, infatti, gli operatori devono non solo identificare il venditore, ma anche conservare registrazioni dettagliate in un registro antiriciclaggio obbligatorio e segnalare operazioni sospette all’Unità di Informazione Finanziaria. Inoltre, i pagamenti in contanti sono consentiti solo fino a 499,99 euro: oltre questa soglia è obbligatorio utilizzare mezzi tracciabili come bonifici o assegni.
In Svizzera, al contrario, non esistono limiti per i pagamenti in contanti. Solo per transazioni superiori ai 100’000 franchi scattano obblighi aggiuntivi e comunicazioni alle autorità competenti in materia di antiriciclaggio.
Un mercato più controllato ma ancora redditizio
A Stabio, incontriamo Francesco Ardemagni della ArdeLive. L’operatore del settore ci illustra l’applicazione concreta della normativa: ogni acquisto viene registrato con i dati completi del venditore, una descrizione dettagliata dell’oggetto e una copia del documento d’identità. “Documentiamo sempre a partire da un franco”, spiega il titolare, “Noi lo facciamo di default, dobbiamo documentare l’avente diritto del denaro certificando che l’oro venduto appartiene alla persona che ho davanti”.
Nonostante le nuove regole e l’aumento della burocrazia, tuttavia, il business rimane comunque interessante. “Stiamo cercando di regolamentare un ambito che può creare dei problemi a livello nazionale”, ci spiega Sabino in conclusione “e l’attività di questi negozi può essere commercialmente ancora redditizia”. A garanzia della legalità, inoltre l’Ufficio antifrode doganale può intervenire in caso di irregolarità o sospetti, confermando la crescente attenzione verso questo settore.









