Il futuro dell’ospedale di Samedan, nei Grigioni, è più che mai incerto. I vertici della Fondazione sanitaria dell’Alta Engadina hanno presentato martedì gli scenari in caso di un “no” da parte dei Comuni che voteranno nei prossimi due mesi sul credito di quasi 51 milioni di franchi necessario a far sopravvivere per i prossimi due anni la struttura, che altrimenti rischierebbe il fallimento in primavera. Due anni che servirebbero a elaborare un piano a lungo termine.
Serve l’approvazione delle undici località. “La situazione è seria”, ha detto la presidente della fondazione Selina Nicolay aprendo la conferenza stampa alla quale erano presenti due degli attori che potrebbero entrare in gioco: la Clinica Gut e l’ospedale di Coira, con i quali ci sono trattative per garantire le prestazioni necessarie nel caso l’esito del voto si riveli sfavorevole.
Il nosocomio cantonale torna così a fare capolino nelle strategie per assicurare un futuro all’ospedale engadinese. Inizialmente era stata pensata una fusione, saltata però nei mesi scorsi.
“Moratoria o fallimento”
In caso di una bocciatura in novembre e dicembre, “il caso verrà sottoposto alle autorità. A questo punto, o si entrerà in una fase di moratoria concordataria o si aprirà una procedura di fallimento”, ha detto Nicolay al microfono del Telegiornale della RSI. “Noi speriamo nella prima ipotesi”, ha aggiunto, ma anche in quel caso la fondazione sarebbe gestita da un amministratore e l’Alta Engadina perderebbe la sua autonomia gestionale. Un paradosso, se si considera che la fusione con Coira era stata bocciata da alcuni Comuni proprio per salvaguardare questa stessa autonomia.
Per qualcuno, però, il “no” sarebbe un’opportunità e non metterebbe a rischio l’ospedale “che non verrebbe certamente chiuso”, secondo Stefan Metzger, presidente regionale dell’UDC. “La moratoria darebbe il tempo per organizzarsi e trovare una soluzione diversa. La Fondazione ha dimostrato di non essere abbastanza flessibile”, spiega, aggiungendo che “si darebbe anche un segnale al Governo, affinché riveda la politica sanitaria cantonale”. Oltre ai democentristi, contro il credito ponte si sono già schierati il PLR e il Municipio di Samedan (ma l’ultima parola spetta alla popolazione).
Sembrano mancare al momento sia i soldi che una visione chiara. “L’obiettivo”, secondo Nicolay, “è garantire prestazioni adeguate sia ai cittadini che ai turisti”. L’ospedale di Samedan dà lavoro a 350 collaboratori. Il loro destino è in forse, ma per la fondazione anche se dovesse spuntarla il “no” rimarranno certamente almeno fino alla fine della stagione invernale.