Ticino e Grigioni

Lucendro: la diga della discordia

Scadenza della concessione: lo sbarramento nell'area del San Gottardo è ora al centro di una vertenza fra Ticino e Uri

  • 23 febbraio 2023, 19:16
  • 24 giugno 2023, 04:52
Una veduta dell'impianto

Una veduta dell'impianto

  • archivio tipress
Di: SEIDISERA/Monica Fornasier - John Robbiani

È uno sbarramento idroelettrico nell'area del passo del San Gottardo, ma in territorio interamente ticinese. Eppure il Ticino rischia di perderne il controllo. È la diga del Lucendro, che si colloca ora al centro di una diatriba fra Ticino e Uri. I problemi sono da ricondurre al fatto che l'attuale concessione della diga scadrà alla fine del prossimo anno. E il canton Uri pretende ora di detenere una partecipazione del 55%. AET, che nel 2015 ha acquistato la diga da Alpiq, potrebbe così perdere la gestione della diga, che gli urani vorrebbero trasferire a Energie Uri.

Sulla disputa deve ancora pronunciarsi il Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni (DATEC). Ma intanto, perchè il canton Uri punta a detenere questa quota? "Finora non c'è stata una grande discussione su questo aspetto perché, da quando esiste la centrale, il 55% dell'acqua che viene turbinata è acqua che in realtà fluirebbe verso il lago di Uri, naturalmente", spiega il consigliere di Stato urano Urban Camenzind. Uri, quindi, vuole quanto gli spetta per natura: acqua che avrebbe a sua disposizione se non venisse deviata artificialmente verso sud. "È davvero fondamentale", aggiunge il ministro, "sapere innanzitutto quale quota deteniamo in questa centrale idroelettrica. Ovviamente in un secondo tempo dovrà essere intavolata una discussione sui diritti vari, che possiamo poi far valere. Per esempio su un'eventuale compensazione dell'elettricità corrispondente, che ci spetterebbe".

Uri e Ticino si scontrano sulle acque del Lucendro

SEIDISERA 23.02.2023, 18:12

Sullo sfondo della questione, c'è poi una crisi energetica in ballo. In settembre nel canton Uri i partiti, e in particolare il PLR, avevano esortato il Governo ad adoperarsi tempestivamente contro una crescita dei prezzi dell'elettricità, e a presentare una strategia energetica. In quell'occasione si auspicava che la questione della diga venisse risolta in tempo utile, invitando di fatto il dipartimento di Camenzind a chiamare in causa Berna.

Il Ticino non sembra però disposto a cedere. "Riteniamo di essere nel giusto", afferma il consigliere di Stato Christian Vitta, osservando che il cantone "ha fatto valere, sulla base, a nostro giudizio, di dispositivi della legge federale, la maggioranza nella proprietà degli impianti e quindi della gestione delle acque".

La palla è ora nel campo del DATEC e non si può escludere che il suo responsabile, il consigliere federale Albert Rösti, tenti una mediazione fra Ticino e Uri. Intanto, però, va sottolineato che sul Lucendro i due cantoni discutono da ben 80 anni. La diga venne infatti inaugurata nel 1947 da una società che poi divenne Alpiq. Nel 1942 i due cantoni approvarono una concessione di 40 anni e poi, già nel 1979, il Legislativo ticinese decise di riscattare l'impianto per farlo gestire ad AET. Ticino e Uri discussero a lungo e non trovarono una soluzione. Si decise quindi di rinnovare la concessione ad Alpiq per altri 40 anni, e quindi fino al 2024. Ma già allora era stato detto che non sarebbe stata rinnovata la concessione ad Alpiq. E i due cantoni avrebbero dovuto individuare una soluzione per evitare di trovarsi di nuovo impreparati. Da rilevare che già negli accordi a suo tempo siglati il Ticino "ammetteva", per così dire, che in base alla superficie dei bacini imbriferi il 55% delle acque erano urane.

Questa disputa rischia di aprire altri contenziosi fra cantoni alpini? "Non estenderei questa tematica in maniera generalizzata", risponde Christian Vitta, "in quanto qui siamo di fronte, per quanto riguarda il Lucendro, a un caso molto particolare. Il direttore del DFE afferma quindi che fra i due cantoni i rapporti sono buoni. "Però ognuno evidentemente difende i suoi interessi".

Anche per il Ritom, va ricordato, sorse una situazione analoga. Ma in quel caso si trovò un accordo con i Grigioni: le FFS, che detengono la maggioranza delle quote della diga, hanno in questo senso concordato il versamento di un ammontare una tantum e poi di un rimborso, in luogo del diritto grigionese di ricevere energia gratuita.

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