In Ticino è stata confermata (seppur con qualche modifica) la limitazione del numero di nuovi medici in alcune specializzazioni per contenere i costi della salute. In particolare nel settore ambulatoriale, nel quale la crescita continua a superare la media svizzera. Dal 1° luglio entra in vigore il nuovo regolamento cantonale; è il risultato di una “sperimentazione” durata due anni in settori in cui c’era una sovra offerta.
Dopo la decisione presa dal Consiglio di Stato e la strada che ha indicato il DSS, i microfoni di SEIDISERA (RSI) hanno raccolto le reazioni di chi viene toccato direttamente dalla misura. Tra queste quelle del dottor Damir De Monaco, presidente della società ticinese di chirurgia plastica: ritiene che nessuno possa avere qualcosa da ridire sul principio del voler contenere la spesa della sanità e quindi, di conseguenza, abbassare i premi di cassa malati. Insomma, sembra che sul principio si è quasi tutti d’accordo, qualcosa andava fatto ma ogni settore ha le sue particolarità e qui la distanza tra specialisti e politica inizia a farsi sentire. “Qual è il numero di medici che permette di far fronte realmente alle esigenze della popolazione? Questa è la domanda: la risposta è stata data a livello federale, usando un’alchimia aritmetica con la quale io non mi trovo d’accordo”. Una questione di numeri che si fa sentire, in particolare in settori come appunto la chirurgia plastica dove, sotto lo stesso cappello, si mette chi fa chirurgia estetica e chi fa chirurgia ricostruttiva, legata a problematiche tumorali. “Già il non fare differenza fra queste due tipologie di medici, mettendoli tutti nello stesso calderone, rischia di dare adito a problemi nella gestione dei pazienti sul territorio. Oltretutto la nostra società, purtroppo, vede sempre più colleghi stranieri arrivare a consultare nel Canton Ticino, spesso anche senza un libero esercizio, in studi di colleghi o in studi di estetiste: alla fine anche questi sfuggono un poco a quello che è il controllo contabile”.
Ma c’è anche chi non concorda nemmeno con il principio dei numeri massimi, come il dottor Florian Bihl, membro dell’associazione gastroenterologi della svizzera italiana. Il professionista, in particolare, spiega che non è la prima volta che si propone questo modello. “Si è fatto nel 1990 in Germania. Il pensiero è: se abbiamo meno medici, abbiamo meno costi... Se ho meno negozi di caramelle vendo meno caramelle... Questo è un principio di economia che va bene per l’economia ma non va bene per la salute, perché la salute è in crescita dal punto di vista di qualità, non di quantità”.
E se si fa fatica a capire il sistema di blocco, ancor meno si capisce quello della regressione. La reazione del dottor Filippo Scacchi, del gruppo neurologi ticinesi, è quella di perplessità rispetto a questa decisione: soprattutto sull’aspetto della regressione. “Nutro seri dubbi sul fatto che ridurre il numero di neurologi porti effettivamente a una riduzione di quello che dovremo pagare di cassa malati alla fine del mese. Mentre è più verosimile che ridurre il numero di specialisti neurologi porti in un futuro alla riduzione della qualità dell’offerta sanitaria, perché il paziente si ritroverà con meno medici a cui rivolgersi e i tempi di presa a carico si allungheranno”.
Quindi quali sono le controproposte degli specialisti? Secondo il dottor Bihl per limitare i costi bisognerebbe “collaborare meglio tra privati e soprattutto cliniche e ospedali. Ci sono tantissimi doppioni e soprattutto tantissime concorrenze, quindi, per mantenere un certo numero di pazienti, anche per avere un numero economico minimo, bisogna fare esami e si fanno doppioni. In Ticino non si faceva. Adesso, da quando abbiamo un ospedale universitario e abbiamo cliniche private, queste strutture si fanno concorrenza. E lì c’è un doppione, un doppione che non si può immaginare”.

Ticino: una moratoria sui medici specialisti
SEIDISERA 23.06.2025, 18:00
Contenuto audio